Politica

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Solo alla Asl 1 di Imperia, l’anno scorso, un parto su tre è stato cesareo, di cui la metà senza complicanze. Dunque per scelta del medico. Lo stesso è successo alla Asl 3 genovese: su 2 mila parti, in 700 hanno fatto ricorso al cesareo. Di questi, 618 sono stati senza complicanza. Il dato schizza verso l’alto al Gaslini: il 50% dei parti del 2007 è stato fatto con cesareo, nel 45% dei casi senza complicanza. Numeri di un dossier realizzato da Rifondazione Comunista, che sarà presto discusso in consiglio regionale. Dossier che mette chiaramente in evidenza come in Liguria sia cresciuto a dismisura il ricorso ai parti cesarei, anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Il motivo? Nella maggior parte dei casi perché, facendo ricorso al bisturi, le strutture ospedaliere e le Asl possono presentare una richiesta di rimborso spese, il famigerato Drg, ben superiore a quella per i parti naturali. Nel 2007 per far nascere i bambini, in Liguria sono stati spesi dalla sanità pubblica circa 14 mila euro. Di questi 5 mila 500 euro sono andati per i cesarei. La Liguria è la regione del nord italia con la percentuale più alta di ricorso all’intervento chirurgico: il 35.4 % dei casi. Tra le Asl le precentuali più alte sono, oltre che a Imperia e Genova, alla Asl 4 del Tigullio, dove si è passati dal 23% del 2000 al 34% del 2007. La più bassa è per la Asl 2 savonese. “Nel dato ligure – dice Giacomo Conti, consigliere regionale di Rifondazione – c’è qualcosa che non quadra. Non credo che la morfologia della nostra regione – spiega – influisca negativamente sulle partorienti. Nel resto d’Europa, in molti stati, non si supera il 15% e secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità i cesarei non dovrebbero superare il 10, 15%”. Per questo, secondo Rifondazione, i dati devono essere messi in relazione con l’ammontare dei riborsi da parte della Regione “importi – dice Conti – che incentivano il ricorso al cesareo”. (Davide Lentini)