Cronaca

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Vittorio Centanaro ha compiuto ottant’anni. La sua Ramirez a fianco, al suo fianco Giulia con l’ironia dolce nel Dna e quella straordinaria voce e quell’ innata capacità di interpretare vuoi i trovatori che lui ha scoperto e trascritto con Luciano Winderling per chitarra, vuoi la signorina sessualmente generosa che “Era nata a Novi ma non era una novizia”. E ancora Michela e Valentina che lo hanno seguito con l’affetto delle figlie e delle allieve e una straordinaria nipotina che sicuramente nella culla ha già la sua chitarra pronta.

Vittorio è una parte della storia musicale di Genova, quella dei cantautori, di Fabrizio De André con cui ha lavorato, dell’ indimenticabile Borsa di Arlecchino dove Aldo Trionfo negli anni Sessanta lanciava Paolo Poli, di Paolo Villaggio. Ma è soprattutto uno dei due: l’altro era Luciano che purtroppo non c’è più. Se Vittorio erano quelle mani grosse sui fili dello strumento più casalingo del mondo, Luciano era la voce profonda e masticata degli chansonnier trasferita a Genova.

Sono stati “Viva la rosa” al teatrino di piazza Marsala voluto da Ivo Chiesa e disegnato da Marco Lavarello, sono stati centinaia di concerti che poi proseguivano nelle case genovesi, senza orari. E Giulia ha sempre avuto l’intelligenza di lasciare a lui il palcoscenico, lui che lavorava alle Poste in ferrovia e appena scendeva dal treno, agganciava la chitarra per proporre gli struggimenti di Villa-Lobos o le meraviglie armoniche di Taraffo.

Gli ottant’anni di Vittorio sono da celebrare, perché il Maestro ha fatto compagnia alla nostra generazione cresciuta nel dopo guerra, distratta dal boom e schiacciata dal terrorismo. La sua ricerca musicale insieme a quella filologica di Giulia, Giulia Lupi diciamolo, è un valore non soltanto ligure. E’ storia della musica bella, perché Vittorio ha sempre avuto l’X Factor, anche con qualche divertente tartaglìo, e quell’orecchio eccezionale che ha capito dove stava il bello delle note.