Politica

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I cambi di casacca nel centro-centro destra non sono una novità: sono sempre stati nel dna della vecchia Democrazia Cristiana, quando i notabili, a seconda di chi comandava in segreteria e quindi disegnava la rete dei poteri, saltavano da una corrente all’altra con la strategia del canguro: un salto a destra, due a sinistra e un altro al centro. La politica dei salti ha fatto la storia dello scudocrociato (e anche in parte le sue fortune) e ha determinato la nascita di sottocorrenti e la crescita di grandi e piccoli leader. Quello che succede oggi nel Pdl ligure a pochi mesi dalle elezioni regionali che saranno una vera sfida all’ok corral tra Burlando e Biasotti, non stupisce più di tanto, ma deve far venire i sudori freddi ai capi del partito berlusconiano, al ministro Scajola in primo luogo. Le ultime elezioni hanno registrato pasticci e débacle clamorosi, oltre alle vittorie in alcune zone strategiche. Il pasticciaccio della formazione delle liste nel savonese è stata la dimostrazione che l’organizzazione del partito ha dei vuoti paurosi, insomma non ci sono più quei bravi e vecchi dc che si muovevano all’interno dei meccanismi pre-elettorali con abilità e anche un pizzico di spregiudicatezza. Lavoravano da api operaie per il partito senza chiedere nulla in cambio. La pesante sconfitta del centrodestra nel Tigullio ha dimostrato che la dirigenza del Pdl in questa zona era fortemente carente. Quindi è logico che il coordinatore regionale debba trarne , come si dice, le conseguenze: chi ha sbagliato, paga, cioè viene sostituito. Se il coordinatore del Tigullio ha sbagliato, lascia e al suo posto ci va un altro. Ma alla fine anche il coordinatore regionale deve fare un esame di coscienza e dire: io, che sono sopra tutti, non avrò fatto qualche errore? E se l’ho fatto, come posso correggerlo? In mezzo a questa frenetica stagione di esami di coscienza, sacrosanti prima delle elezioni regionali, diventa ulteriore elemento di turbativa il giochetto delle rese dei conti, delle piccole e medie faide che sono superabili solo se il Capataz tiene, ma rischiano di diventare devastanti se i vertici non sono forti e saldi. Tutto qui. La fuga di Mondello e Boitano, al di là dello “spessore” dei due e del loro incontestabile radicamento sul territorio, è pesante, anche se il cambio di casacca è sempre una disdicevole azione verso gli elettori, ormai, senza la possibilità di esprimere le preferenze, ridotti a belanti pecore. E costringe i vertici berlusconiani della Liguria a stare attenti e fare scelte meditate anche e soprattutto in vista della prossima formazione delle liste per le regionali. Magari lasciando a casa le dame della carità, bravissime e insostituibili nel loro settore, ma inadatte all’arte della politica o i bei nomi, tanto belli quanto inutili, e cercando fra chi, da anni, sta davvero al fianco dei cittadini, senza bussare alla porta dei notabili per esercitare il vizio di chiedere e basta.