Gentile signora sindaco, assessori, colleghe e colleghi consiglieri
il clamore mediatico scatenatosi in questi giorni intorno a una mia dichiarazione mi spinge a scriverVi queste righe. Chi di Voi ha sentito quella dichiarazione ha certamente ben notato come le parole, il taglio e il tono nel narrare l’ormai famoso episodio – incidentale, nel contesto di una relazione politica e di una riunione organizzata dal PdL – non fosse animato da nessun intento polemico o denigratorio, né fosse volta a sfruttare mediaticamente l’episodio (avvenuto infatti diverse settimane prima). Si trattava, semplicemente, di un aneddoto portato estemporaneamente a sostegno della tesi – ovviamente opinabile – di una certa fragilità della giunta.
Naturalmente, non auspicavo di arruolare nella mia squadra una persona incline al doppio gioco. Chi lo ha scelto se lo tenga, con tanti auguri di buon lavoro. Mi conoscete quasi tutti abbastanza bene per sapere, in cuor vostro, che non mi sono inventato questo episodio, e che sono abbastanza ingenuo da raccontarlo senza tener conto del fatto che sarà utilizzato contro di me, come infatti è avvenuto. Intuite anche che non sono uno che viene meno alla parola data, anche se ciò comporta sopportare in proprio critiche che andrebbero rivolte a un altro. E comunque non vi sfugge che questo “traditore abituale” ci metterebbe un minuto a negare (in questi giorni è uno di quelli che si è scagliato con maggiore veemenza contro di me, confermando un noto adagio popolare sulle galline che cantano e fanno le uova).
L’onere probatorio a mio carico, ancorché non impossibile, sarebbe oggettivamente complicato e – francamente – sproporzionato allo scopo. Sono però sconcertato che si siano così disinvoltamente invertiti i termini della questione: che sia io a dover dimostrare la mia “virilità” (che un assessore ha probabilmente confuso con il coraggio, presente nelle donne quanto e più che negli uomini) contravvenendo alla parola data; e non invece l’interessato a dover fare un passo avanti sottraendo i colleghi ad un ingiusto sospetto.
In questi due anni ho un po’ capito che fra politici professionisti si è soliti scambiarsi disinvoltamente i peggiori insulti e poi magari andare a braccetto alla bouvette. Ma un cittadino comune, anche se acquisito temporaneamente alla politica, fa fatica ad accettare di essere accusato addirittura di comportamenti e stili mafiosi, o che sia messa in dubbio la propria virilità, per aver semplicemente riferito un episodio vero, per giunta piuttosto secondario. Vorrei quindi formulare a tutti, a cominciare da me stesso, un invito ad abbassare i toni, dolendomi che in questo caso proprio una mia dichiarazione abbia offerto l’occasione per l’ennesima rissa.
*Deputato Pdl e consigliere comunale di Genova
Prendiamo atto della risposta di Enrico Musso. Personalmente resto della opinione che la mossa sia stata un boomerang. La politica non è né dei voltagabbana, né delle galline traditrici. Appunto.
m.p
IL COMMENTO
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