Politica

3 minuti e 51 secondi di lettura

C’è davvero bisogno di un sindaco ? Dipende. A una domanda provocatoria una risposta realistica. Dipende , prima di tutto, dall’immagine che una comunità dà o vorrebbe dare di se stessa. Dalla capacità e dall’orgoglio di auto-governarsi o dal bisogno di una guida istituzionale ‘forte’ e autorevole. Può dipendere ,anche , dalla necessità di una ‘pausa di riflessione’ , come quando le forze da cui la città dovrebbe essere governata siano bloccate in una impasse così grave da condannarla – la città - all’immobilismo. L’esistenza di una criminalità organizzata e radicata nel territorio può ridurre la scelta degli amministratori a mera copertura dei veri centri decisionali. Se poi il governo nazionale è tendenzialmente accentratore , sarà necessario scegliere tra una guida che assecondi questa inclinazione, cercando di conquistare una posizione privilegiata nella distribuzione dei benefici erogati dallo Stato, o una figura che ‘difenda’ con fermezza e audacia le priorità e le ‘istanze’ della comunità locale.

La città può avvertire il bisogno di ‘grandi scelte’ che richiedono di impersonarsi in una figura dotata del necessario carisma. Può, al contrario, aspirare a un buon amministratore che garantisca la gestione , un po’sottotono ma ordinata e sicura , della quotidianità cittadina. Non tutte queste esigenze passano attraverso la porta della rappresentanza e dei meccanismi elettorali. Si può dire, al contrario, che – a fronte di un crescente deterioramento della qualità della vita e alla sempre più inutile attesa di interventi ‘dall’alto’ – si profilano tendenze, inaspettate ma vivaci , verso l’auto-regolamentazione . Da un apparente disordine, nascono forme non progettate né davvero previste di convivenza e partecipazione alla cosa pubblica , basate quasi sempre sulla volontà e sulla capacità dei cittadini di essere protagonisti non solo ‘mediati’ della vita civile.

E’ proprio questa la dimensione che , oggi , rende indispensabile un buon amministratore: non una figura semplicemente ‘ornamentale’ o rappresentativa; non un catalizzatore delle occasioni di discordia e conflitto; non un compiaciuto abitatore di palazzi esclusivi. Il buon amministratore – quello di cui c’è davvero bisogno – assume su di sé le occasioni di conflitto, senza diventarne parte; media tra gli interessi conducendoli tutti a un ragionevole grado di soddisfazione; diffida – soprattutto - della centralità della propria persona nel rivolgersi ai problemi della città. E’ fresco il ricordo, a Genova, di Anna Maria Cancellieri, signora prefetto, mitemente ‘di ferro’. Né si è spenta l’eco dei suoi interventi – bonari ma energici – nell’avviare a soluzione alcuni dei conflitti più gravi che hanno segnato la vita cittadina degli ultimi anni: da ultimo quello relativo alla difficile situazione del nostro porto. Collocata a riposo, la signora prefetto è stata richiamata frettolosamente in servizio per assumere l’incarico di commissario prefettizio in una Bologna la cui vita politica e amministrativa era stata investita dal ‘ciclone Del Bono’: turbine grassoccio ma devastante.

Sono trascorsi quattro mesi, e Anna Maria Cancellieri , solida e bonaria ‘civil servant’ formatasi nei ranghi dell’amministrazione statale, ha instaurato in quella città un clima nuovo e rassicurante. La sua supplenza rischia addirittura di sfociare in una candidatura a sindaco . La politica si è persa per strada; il PD ( adeguandosi alla situazione nazionale ) versa in stato confusionale e corteggia l’avversario Guazzaloca: il prefetto, intanto, cura la manutenzione di una città per il vero piuttosto decaduta, sistema le strade, cancella i graffiti, chiude i bar che fan troppo rumore. I giornali riferiscono che ha persino programmato l’estate culturale e, udite udite, trovato i soldi per il metrò! Insomma: il prefetto siciliano Anna Maria Cancellieri piace molto ai bolognesi, pur senza esserne stata eletta. Soprattutto, la città sembra ritrovare il gusto del civismo e l’orgoglio di reggersi da sola. Bologna funziona, anche senza sindaco !” esclamano i bolognesi, i primi in fondo a stupirsene. Perbacco: e se Genova si scoprisse capace di fare altrettanto? La domanda davvero provocatoria non è – insomma - se ci sia bisogno di un sindaco, ma ‘di che tipo di sindaco ci sia bisogno’. Per rispondere a questo domanda – prima ancora di cominciare il gioco perverso del toto-sindaco - occorre che la città interroghi se stessa : su quel che vuole essere ma, soprattutto, sulla propria capacità di reggersi da sola.