Non appena si accorge di aver prodotto o accolto una eccellenza, questa città si affretta a eliminarla o ad allontanarla da sé.
E’ il caso - a quanto sembra – dell’Istituto Tumori, felice intuizione del professor Santi, cresciuto e sviluppatosi in breve tempo come una struttura del settore all’avanguardia nel nostro paese, sia per quanto riguarda le tecniche adottate, sia per l’attenzione dedicata ai suoi pazienti.
Questo aspetto, curiosamente, è forse il primo a colpire chi si trovi a visitare quel centro, dove sin dall’accoglienza , ricevuti come personaggi importanti ( e tutti lo siamo, quando abbiamo bisogno di cure ) si è presi da un senso di straniamento , spinti a chiedersi se ci si trova davvero all’interno di un luogo di cura pubblica italiano, o non si sia capitati per sbaglio in qualche film o serial televisivo. Non è un caso che attorno all’IST si sia sviluppato un fenomeno abbastanza raro nel panorama della sanità italiana: l’attaccamento dei pazienti e il loro sentirsene protetti anche al di là della pura e semplice applicazione delle terapie. Un risultato del quale ogni ospedale o luogo di cura dovrebbe andare orgoglioso, così come dovrebbe andarne orgogliosa la città che lo ospita e che da quella presenza trae vantaggi, prestigio e riconoscimenti internazionali.
Non sembra essere così per Genova. La decisione di ‘accorpare’ l’IST a San Martino è giunta improvvisa e inspiegabile, né il governo della Regione si è preoccupato di giustificare la propria scelta, se non in base al principio, discutibile, per cui ‘grosso e complesso’ è meglio che ‘piccolo e semplice’.
Sono dunque ampiamente giustificate le preoccupazioni sollevate da varie parti, una volta tanto non in difesa del posto di lavoro o di posizioni di privilegio, ma ( ecco lo scandalo ) in difesa di un centro di indiscussa eccellenza che non si comprende quali vantaggi possa trarre dal minacciato ( e già deciso ? ) ‘accorpamento’.
Non ragioni economiche. Non un progetto ( pur ragionevole e comprensibile , se prospettato ) di meglio coordinare le risorse umane, i posti-letto, gli strumenti di cura. Solo un vulnus a una struttura pubblica in sospetto di funzionare troppo bene in condizioni di autonomia. Non si dimentichi che – assieme al Gaslini – l’IST è forse la sola struttura di cura che inverte il flusso migratorio dei pazienti, normalmente in fuga dalla nostra regione verso centri di cura più lontani ma più efficienti e di maggior prestigio .
Non sono dunque ingiustificati i sospetti avanzati in proposito. Un altro passo verso la cessione al privato di un settore visto come promettente fonte di finanziamenti e profitti? Il prevalere di una visione burocratica e centralista delle strutture sanitarie pubbliche, non irrilevante fonte di potere e vantaggi economici. ? Momento di uno scontro politico del quale si ignorano le dinamiche e i veri protagonisti?
Come troppo spesso accade, anche in presenza di buone ragioni ( che in questo caso non si riesce a intuire ), chi detiene le redini del governo della cosa pubblica non si preoccupa di agire con trasparenza, onestà e senso di responsabilità nei confronti dei cittadini.
*Magistrato e scrittore
IL COMMENTO
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