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Attualità

Il presidente Paolo Arrigoni: "Bisogna valutare l'impronta carbonica di un'auto dal momento in cui viene prodotta fino a quando viene smaltita: dalla culla alla tomba". E sulle politiche portate avanti dall'Ue dice che si "rischia un effetto Cuba"
4 minuti e 7 secondi di lettura
di Andrea Popolano

GENOVA - "Per quello che riguarda la mobilità è sbagliato prevedere solo l'elettrico dal 2035, così come sul riscaldamento domestico ritengo errata la proposta di divieto dal 2029 della commercializzazione delle caldaie a gas. Serve che l'Unione europea abbandoni l'ideologismo e metta in campo un sano pragmatismo" Paolo Arrigoni, presidente del Gse (Gestore dei servizi energetici) è netto e non usa mezze parole riguardo a una parte delle politiche portate avanti dall'Ue in tema ambientale.

A Genova per il convegno "Quale energia? Situazione odierna e scenari futuri, uno sguardo a 360 gradi" organizzato dall'assessorato allo Sviluppo economico di Regione Liguria entra nel tema della transizione ecologica e nel mirino finiscono alcune politiche considerate troppo "ideologiche" portate avanti dall'Unione europea (Clicca qui).

L'Ue ha deciso che a partire dal 2035 tutte le nuove auto in arrivo sul mercato devono essere a emissioni zero e non possono emettere CO2. L'obiettivo è far sì che entro il 2050 tutto il settore dei trasporti possa diventare a emissioni zero. Ovviamente le auto in circolazione a combustione potranno continuare a circolare fino a 'fine vita' la cui durata media è di circa 15 anni. Dal 1 marzo 2023 su tutto il territorio del comune di Genova sono scattati i limiti alla circolazione dei veicoli a motore a due e quattro ruote (compresi i ciclomotori) appartenenti alle classi ambientali Euro 0 e 1 a benzina, fino a 2 e 3 nel caso dei diesel. Nel caso dei due ruote lo stop riguarda i motoveicoli con motore 2 e 4 tempi Euro 0 ed Euro 1 (migliaia di Vespe). 

In Liguria 40 mila auto 'green', pro e contro: ecco i costi della transizione - clicca qui

Queste politiche dell'Unione europea sono considerate eccessivamente rigida da diverse parti. "Ritengo sbagliato che sulla mobilità si debbano mettere al bando le auto a combustione termica introducendo la sola mobilità elettrica, rischiamo di avere in Italia un 'effetto Cuba'" spiega il numero uno del Gse (Gestore dei servizi energetici). 

Al centro della discussione finisce anche un'altra direttiva adottata dall'Ue e che coinvolge milioni di italiani. Accanto a quella sulla mobilità si è infatti aggiunta quella del divieto di vendita delle caldaie autonome alimentate a gas a partire dal 2029. Anche su questa Arrigoni è netto: "È sbagliata la proposta che sta portando avanti la commissione europea di bandire dal 2029 le caldaie a gas che sono utilizzate per il riscaldamento domestico. In Italia abbiamo 19 milioni di caldaie che riscaldano le case. Più del 50% ha oltre 18 anni di vita, bandire l’immissione e il commercio di nuove caldaie significa avere un 'effetto Cuba' anche su questa tecnologia e si otterrebbe l’effetto contrario rispetto a perseguire la de-carbonizzazione". Di fatto il rischio è che molti per evitare di dover cambiare l'auto elettrica che ha ancora costi elevati e alcune criticità mantenga più a lungo la propria auto a combustione. 

Il presidente del Gestore dei servizi energetici spiega nel dettaglio: "La mobilità elettrica va bene ma non può essere l’unica, ha con sé delle criticità - precisa ancora Arrigoni -. Oggi un'auto elettrica costa molto con lo Stato che infatti incentiva l'acquisto di questo tipo di veicoli, ma spesso questo avviene a favore di persone che non sostituiscono la vecchia auto ma aggiungono a quella preesistente un'auto elettrica. Poi bisogna sviluppare la rete di ricarica. Al momento sono poche le colonnine, circa 40 mila in tutta Italia. C’è poi un problema di tempi di ricarica".

E poi ecco un altro concetto centrale. Si considera l'emissione dell'auto elettrica ma non il ciclo che porta alla sua produzione. "È profondamente sbagliato che in Europa si continua a parlare di auto elettriche come auto a emissione zero perché si misura l'emissione al tubo di scarico mentre bisognerebbe introdurre a livello europeo il criterio della valutazione del ciclo di vita del prodotto. Bisogna valutare l'impronta carbonica di un'auto dal momento in cui viene prodotta fino a quando viene smaltita: dalla culla alla tomba. Nel mix energetico oggi solo un terzo di quello che prodotto è fatto da impianti a fonti rinnovabili mentre due terzi arrivano ancora da fonti fossili. Un varco si sta aprendo in Europa. Germania ha lottato per riconoscere le auto a combustione alimentate a e-fuel e il governo italiano sta spingendo perché dal 2035 possano essere considerate anche le auto che funzionano con biocarburanti, su tutte il biometano che è il top dell'economia circolare. 

Il presidente del Gse fa il quadro della transizione energetica in corso in Italia. "Sul consumo totale di energia siamo al 19% di prodotto da fonti rinnovabili. L’obiettivo dato dall'Ue per il 2030 è quello di arrivare al 30%. C’è ancora molto da fare. La Commissione europea vuole innalzare il piano dal 30 al 42,5%. Ma Bruxelles deve abbondonare l'ideologismo e mettere in campo del sano pragmatismo. Il contemperare il perseguimento della sostenibilità ambientale con quella economica e sociale, senza questo dubito che si possano raggiungere questi obiettivi. E soprattutto bisogna rispettare la neutralità tecnologica, sostenendo tutte le tecnologiche. Poi speriamo che il prossimo anno con il nuovo Europarlamentare possa cambiare il vento a Bruxelles" conclude il presidente del gestore dei servizi energetici Arrigoni.

 

 

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