GENOVA -"Nostro figlio era malato prima di uccidere la sorella ed è ancora malato, per questo chiediamo che paghi per quanto ha fatto ma anche che sia curato come non ci risulta venga fatto in carcere...".
E' la denuncia di Antonella Zarri, al fianco del marito Graziano Scagni (foto a sinistra), la mamma di Alberto Scagni che oggi è comparso nell'aula della Corte di Assise di Genova per la prima udienza del processo al figlio che il primo maggio del 2022 ha ammazzato la sorella minore Alice con 19 coltellate. Alberto rischia l'ergastolo.
Il giudice all'inizio del processo ha chiesto ai genitori dell'imputato di non assistere alla testimonianza dei testi perchè anch'essi sono testi del pm Paola Crispo.
"Impedendoci di rimanere in aula - aggiunge Zarri - ci è stato negato di mettere insieme i tasselli, di guardare negli occhi chi ha toccato l'ultima volta nostro figlio del carcere, di sentire le parole di chi ha visto per l'ultima volta Alice morta sull'asfalto, sentendo queste voci, il loro ritorno emotivo, noi pensavamo di mettere insieme i pezzi e invece siamo estromessi perché potevamo essere condizionati dalle altre testimonianze".
"Ma la nostra testimonianza -prosegue Zarri - l'abbiamo già resa a tutti i giornalisti che pazienti sono stati ad ascoltare i nostri numerosi tentativi di evitare che questa tragedia non avvenisse, ci pieghiamo a questa formalità della giustizia, non possiamo fare altro che chinare il capo" aggiunge afflitta la mamma.
Che effetto vi ha fatto rivedere Alberto? "E' l'Alberto che scrive lettere folli, dissociato, scompensato, squilibrato, l'Alberto squilibrato che abbiamo cercato di curare e poi di fermare quando abbiamo capito che la sua diventava una follia pericolosa, io l'ho visto sempre allo stesso modo, e non mi stupisco perchè non ci consta che sia stato sottoposto o aiutato a chiedere cure, noi abbiamo tentato e Alberto ha fatto resistenza e credo che lo faccia tutt'ora, ci sarebbe bisogno di stare vicini a una persona disturbata, molto disturbata".
Zarri risponde anche alla domanda sui rapporti con il marito di Alice: "Sono una parte civile che ha preso la posizione di buttare via la chiave, per pavidità, per timore che il sistema penitenziario e la giustizia non facciano il loro corso, ma nessuno chiede, e ci mancherebbe, che domani Alberto esca dal carcere e che è stata dichiaratamente definita pericolosa e lo è tuttora, Alberto dovrebbe essere trattata come una persona malata, e invece si vuole creare il mostro da incatenare, noi lo perdiamo come figlio, la società come persona, capisco di dire cose molto idealiste però che non ci fosse l'ipocrisia della rieducazione del carcere. Noi abbiamo l'angelo e il mostro nella nostra famiglia e con tanto lavoro, con tanta preghiera, cerchiamo di andare avanti. Nostro genero dovrebbe lavorare in questo senso visto che sua moglie amava suo fratello".
Alla domanda perchè la sera della tragedia nonostante le minacce a portare fuori il cane è uscita Alice e non non il marito Gianluca, Zarri risponde così: "Non doveva uscire nessuno vista la situazione".
Antonella Zarri risponde anche sulla pena accessoria di non potere più vedere il nipotino Alessandro, il figlio di Alice e di Gianluca che ora ha due anni: "Purtroppo è triste vedere che Alessandro non è catalizzatore di energie positive che in ogni tragedia bisognerebbe trovare perché il male va combattuto con il bene, è l'esempio del bene che bisognerebbe dare a un bambino che ha perso la mamma, questa è la pena accessoria, ma di Alessandro, non la nostra".
I coniugi Zarri per chiedere giustizia e verificare se i poliziotti e i medici hanno operato in modo corretto si sono affidati all'avvocato Fabio Anselmo (nella foto in basso a destra), lo stesso che ha difeso la famiglia di Stefano Cucchi. Il legale alla fine dell'udienza ha detto di avere apprezzato la trasparenza in aula degli agenti chiamati a testimoniare dalla pm Paola Crispo.
In aula c'era anche Gianluca Calzona, il marito di Alice, rappresentato dall'avvocato Andrea Vernazza (foto al centro in basso). L'uomo che ha perso la moglie non ha voluto parlare. E' il legale che lo fa per lui: "Fra Gianluca e i suoi suoceri non c'è più nessun rapporto, noi riteniamo che Alberto quando ha ucciso fosse capace di intendere e di volere e per questo deve pagare con la massima della pena".
Vernazza conferma anche la posizione di Calzona è diversa anche sull'inchiesta bis aperta dalla procura sulle presunte omissioni dei poliziotti della questura e della dottoressa della Asl3 indagati di ufficio dopo esposto della Zarri e ora accusati di morte in seguito di altro reato. "Noi riteniamo che gli agenti e i medici non abbiano colpe per il delitto. Se una persona è sottoposta a delle misure da parte dell'autorità giudiziaria che ti impongono allora ti puoi lamentare, ma se io non vado dal cardiologo dopo che ho avuto cinque infarti non è che se poi muoio è colpa del mio cardiologo".
IL COMMENTO
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