GENOVA - L'invito alle istituzioni per dare più risposte sul tema del lavoro, la preoccupazione per l'assuefazione al tema della povertà e della guerra, la preoccupazione per l'inverno demografico che stiamo vivendo, l'appello ai lanci a prendersi cura delle proprie parrocchie camminando insieme, l'amore per una Chiesa genovese che cuce e non strappa e che fa cose senza troppo clamore e come regalo una maggiore attenzione agli ultimi senza dimenticare di innamorarsi ogni giorno di Gesù. Questi i temi principali toccati dall'arcivescovo di Genova Marco Tasca nella tradizionale intervista in occasione del Santo Natale.
IL 2023 E LE SFIDE DEL FUTURO
"E' stato un anno, dopo due anni di Covid, dove ho iniziato a vivere il mio servizio come vescovo in pieno. Per due anni ho incontrato gente con la mascherina, che non è certamente il modo migliore per conoscere le persone, sono stati due anni difficili da questo punto di vista, proprio per non poter conoscere le persone. Il 2023 è stato l'anno in cui conoscere le persone, il poter collegare la comunità cristiana, l'associazione è stato veramente un anno bello, bello, bello nel conoscere e nell' avvicinare le persone. È stato ed è un anno bello della nostra Chiesa, perché stiamo sempre più vivendo il cammino del Sinodo e stiamo cercando di affrontare insieme le sfide che questa realtà ci dà. Sfida del dell'inverno demografico, sfida della tanta anzianità della nostra città e della nostra diocesi. La sfida dell'avere meno e avere meno sacerdoti e presbiteri che animano le comunità quindi credo che sia davvero è stato un anno veramente bello, un anno da parte mia di conoscenza diretta e come cammino di Chiesa questa bellezza di camminare insieme e di trovare insieme un po' le strade per annunciare anche oggi la bellezza del Vangelo".
IL LAVORO E L'APPELLO ALLE ISTITUZIONI
"Il lavoro che manca o che è in sofferenza è una grandissima sfida dell'oggi, dobbiamo lavorare tutti insieme ma le istituzioni devono dare risposte e trovare delle soluzioni dove è possibile. Come Chiesa continueremo a vigilare e a crescere nei richiami alla politica.
Quest'anno abbiamo festeggiato gli ottant’anni dei cappellani del lavoro ed è un’esperienza unica, io ho parlato con tanti vescovi ma in nessuna altra diocesi ho sentito di una realtà simile, dobbiamo continuare lo stile dei cappellani del lavoro: una vicinanza in modo vero e concreto che non fa rumore ma è reale in uno stile di basso profilo nel senso più bello della parola, uno stile di vicinanza che non fa clamore, in un modo che non pretende.
Altra esperienza unica che ho trovato qui a Genova è lo scambio di auguri che viene fatto per Natale, in questo periodo incontro moltissimi imprenditori, associazioni ma anche sindacati e sono tutti preoccupati dobbiamo lavorare insieme per trovare delle soluzioni, perchè nessuno da solo le troverà. Vediamo aziende in difficoltà e non dobbiamo pensare che è un problema loro, di quella azienda e di quei dipendenti, a tutti deve starci a cuore".
LO STILE DELLA CHIESA GENOVESE
"Lo stile della Chiesa genovese che ho trovato mi piace moltissimo e mi affascina cioè il non clamore, il lavorare dietro le quinte, l'essere tessitori, cucire. Perché scucire e rompere tutto sommato non è un'impresa, ma ricucire sì. Questo è lo stile della nostra Chiesa e questo a me piace moltissimo. Quindi essere presente in questa maniera: dietro le quinte in maniera sommessa, in maniera serena, in maniera cucitrice. Credo che sia questo il grande servizio che la storia della nostra Chiesa ha e che siamo chiamati a portare avanti".
IL SENSO DEL NATALE OGGI
"Certo ma proprio per dare risposta un po' questa domanda mi rifaccio agli 800 anni del Natale di Greccio. A me piace moltissimo che San Francesco abbia scelto di mettere l'asino e il bue come due animali e abbia messo del fieno. Perché Francesco ha fatto questa scelta? Francesco ha partecipato a una guerra ed è interessante che di quell'esperienza Francesco non ne parla mai. Non c'è una riga nelle fonti francescane in cui Francesco d'Assisi parli della guerra che lui ha fatto contro Perugia. Parli dell'anno in cui è stato in carcere, segno che davvero è stata un'esperienza durissima per lui. Allora c'erano già guerre, c'erano delle ingiustizie ma Francesco, facendo questo presepio, dice sì, ha senso perché poi in quel presepio nasce Gesù, in quel presepio di Greccio poi alla fine la gente vede un bambino, una speranza, un futuro pur in mezzo a queste guerre che ci sono, a queste difficoltà che ci sono. Quindi il Natale ha senso, ha senso anche perché Gesù Cristo si è incarnato in quella storia che non è una storia bellissima in cui tutto andava bene, tutto era perfetto. Ma Gesù, Dio Padre, ha scelto che suo Figlio si incarnasse in una storia e si incarna Gesù.
PIU' SPAZIO A LAICI NELLA CHIESA
"La parola chiave qui è crescere, crescere nella corresponsabilità. Questa è la parola chiave che non è una cosa nuova per noi nella Chiesa la parola comunione c'è. L'abbiamo da duemila anni, quindi non è nessuna novità. È crescere nel senso della corresponsabilità. Nessuno delega nessuno. Non c'è qui l'ufficio della delega, ma sentirsi che in questa comunità cristiana tutti siamo corresponsabili dell'annuncio del Vangelo e di essere testimoni della bellezza, della nostra fede, della fede, della speranza e della carità. Credo che sia un tema sul quale noi, come Chiesa di Genova, ma anche in generale, e il fatto che il Papa abbia indetto due Sinodi, uno dal 23 che andrà avanti nel 24 proprio significa questo crescere, della responsabilità che poi è anche a livello civile. A me fa paura il numero di chi non va a votare. Mi fa tanta paura, ma tanta paura. Come mai? Qual è il cammino di corresponsabilità che come società civile vogliamo portare avanti? Il fatto di non voto è un segno, è un senso di non corresponsabilità?. Credo che davvero sia una parola che ci può guidare davvero nel futuro. Parole che richiedono davvero impegno, dedizione per noi cristiani anche un po' morire a se stessi ma che sia la strada più bella che il Signore ci insegna.
REGALO PER GENOVA
"Il regalo che io chiedo al Signore per questa Chiesa è quello che il Papa ha detto anche in questi giorni ossia di essere innamorati di Gesù , della sua Parola, del suo stile, del suo stile di vita, del modo in cui ha affrontato le difficoltà, ha affrontato le differenze. È davvero un grandissimo regalo che io chiedo al Signore: Signore, dacci sempre più la grazia di essere innamorati di te.
AUGURI PER IL SANTO NATALE
"Ho anch'io la grazia, oramai da tre anni, di essere membro di questa comunità civile e anche di questa Chiesa, ed è per me una bellissima occasione in questo Natale, avere la possibilità di augurarci qualcosa di bello, perché magari se guardiamo un po' la nostra realtà, non solo la nostra realtà cittadina, ma apriamo gli occhi sul mondo intero credo che magari uno dice ma che senso ha che senso ha viste tutte le fatiche? Eppure siamo qui ad augurarci, ad augurarci che quello che stiamo vivendo il Santo Natale per noi cristiani è davvero un augurio di speranza, di grandissima speranza. La speranza che ci viene dal fatto che il Signore guida la nostra storia, non sono gli uomini che guidano la storia, noi ci illudiamo che sia così, ma è Dio che guida la nostra storia. Certo, pare adesso che sia esattamente il contrario. Ma basta leggere la storia dei duemila anni che che ci dividono un po' della nascita di Gesù e noi vediamo che è Dio che guida la storia e questo ci dà una grandissima speranza. Quindi l'augurio che vi faccio è sempre più di credere in questo Dio che guida la nostra storia. Questo ci dà serenità, ci dà forza, ci dà entusiasmo per affrontare queste fatiche e questi disagi, queste disuguaglianze che purtroppo aumentano sempre di più. Ma noi sappiamo che il Signore cammina con noi, questo ci basta. Quindi l'augurio è davvero di essere, di continuare a essere uomini e donne, di fiducia, di speranza, di futuro.
Santo Natale a tutti voi è un anno nuovo come il Signore ci vuol donare. Tanti e tanti auguri".
IL COMMENTO
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