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Con una lettera Bper chiede di fare chiarezza sulle voci di offerte alternative alla sua
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di Luigi Leone

La Consob, l'organismo di vigilanza sulla Borsa italiana, sarebbe pronta ad aprire una indagine sul Fitd (Fondo interbancario tutela depositi), in particolare su sue eventuali trattative "riservate" riguardanti la vendita di Banca Carige. Alla clamorosa decisione l'organismo guidato da Paolo Savona, ex direttore generale di Bankitalia ed ex ministro, sarebbe giunto in seguito alla lettera inviatagli da Bper (Banca popolare dell'Emilia Romagna) con cui si chiede di fare chiarezza sui comportamenti del Fitd.

L'istituto modenese ha deciso di muoversi dopo che nei giorni scorsi aveva prima presentato una offerta per l'acquisto di Carige (respinta perché chiedeva a Fitd, principale azionista dell'istituto ligure, un miliardo di ricapitalizzazione) e poi aveva ulteriormente teso la mano, chiedendo di approfondire il dossier, come lo stesso Fitd aveva giudicato opportuno, chiedendo però un negoziato un esclusiva.

Stranamente, però, il Fondo, guidato da Salvatore Maccarone, aveva replicato rifiutando la controfferta di Bper. Questo ha subito dato la stura a una serie di ipotesi sull'interessamento di altri soggetti per Carige, con specifico riferimento al fondo di investimento americano Cerberus e a un ritorno di fiamma di Bnp Paribas, che nel nostro Paese ha già acquisito la Bnl, con esiti negativi sul versante dei livelli occupazionali e delle relazioni sindacali.

È stato il rincorrersi di queste voci su altri interessamenti, non smentite da Maccarone, a spingere Bper a rivolgersi alla Consob. La quale, per consuetudine, quando ci sono di mezzo titoli quotati in Borsa e scenari da chiarire, non esita a intervenire. Qui, poi, c'è un'altra complicazione. Se il Fondo interbancario tiene un comportamento almeno reticente, non così si può dire per i suoi principali azionisti, cioè Banca Intesa e Unicredit. Quest'ultima non si è pronunciata ufficialmente, ma ha fatto sapere di gradire l'iniziativa di Bper, mentre Intesa è andata oltre. Il suo presidente, Gian Maria Gros Pietro, infatti, ha affermato pubblicamente e senza mezzi termini che "la proposta di Bper è una ottima opportunità".

Ora, in un Paese normale, nel momento in cui gli azionisti più forti hanno una posizione chiara e marcata rispetto a quella del management, la guida principale si dovrebbe fare da parte. In poche parole: Salvatore Maccarone si sarebbe già dovuto dimettere. O i soci forti avrebbero dovuto allontanarlo.

Non sappiamo se il possibile, probabile, intervento della Consob possa spingere le cose fino a questo punto, ma di sicuro resta difficile dare torto a Lando Maria Sileoni, segretario della Fabi, il principale sindacato dei bancari: "È l'ora che il Fondo renda noti i nomi degli altri offerenti, se ci sono, e chiarisca come davvero stanno le cose".

È questo il punto cruciale di tutta la vicenda: le banche sono certamente abituate a muoversi all'insegna della riservatezza, ma ci sono momenti nei quali il silenzio pesa come un macigno. Quello del destino di Banca Carige è uno di questi momenti. Bper aveva avuto il merito di muoversi con la necessaria trasparenza, comunicando al mercato tutte le proprie mosse. Non si può dire che lo stesso abbia fin qui fatto il Fitd. E anche la politica deve finalmente pronunciarsi e schierarsi: Banca Carige non è una banca qualsiasi, bensì una realtà che significa ipso facto Liguria, in tutte le declinazioni possibili, che vanno dagli azionisti, ai dipendenti, alle imprese, ai correntisti. La chiarezza su Carige non è una concessione, è un atto dovuto.