Commenti

3 minuti e 50 secondi di lettura
di Mario Paternostro

Le realizzazione della serie-tv “Terza”, cominciata nel 2019 e giunta alla quinta stagione con il docufilm “Salir” mi ha dato l’occasione di scoprire, nonostante la mia età, molte storie, luoghi, bellezze, curiosità e personaggi che non conoscevo. Soprattutto questa ultima serie che , a differenza delle precedenti, dal “Racconto di Genova” a “Addio’900” è più “turistica”, per usare una definizione forse banale, ma comprensibile.

Si è trattato di “viaggiare” con le telecamere e i microfoni di Primocanale Production lungo tre vallate genovesi, uscendo dunque dal centro della città, per salire verso le pendici delle montagne, quelle che abbiamo chiamato le “Alpi di Genova” grazie anche, bisogna dirlo, al prezioso libro del professor Giuliano Lo Pinto.

Abbiamo così “risalito” tre vallate, quella del Cerusa, dietro Voltri, quella del Polcevera salendo verso i passi, quella del Bisagno saltando da una sponda all’altra del torrente, sempre sollecitati da un poeta che queste valli ha cantato. Da qui, appunto, il titolo “Salir”. Dunque il voltrese Nicola Ghiglione, la Valpolcevera con Adriano Guerrini e il Bisagno con tanto di campo da football di Franco Loi, genovese e gran lombardo, tutti presentati da Francesco De Nicola, presidente della Dante Alighieri.

Fa bene fare questo viaggetto perché ci insegna a vedere Genova da un altro punto di osservazione. Non più dal mare come avviene abitualmente, ma dai monti, per conoscere territori incredibili. Quei monti che appaiono sullo sfondo del luccicante tondo argenteo che la storica dell’arte Anna Manzitti racconta descrivendo un festoso “barcheggio” seicentesco conservato a Palazzo Spinola. L’interno della Val Cerusa che era il regno delle cartiere (la carta di Voltri era utilizzata nelle grandi cancellerie europee del Settecento), ci ha spinto a salire fino a Fiorino, sotto il Bric del Dente così amato dall’indimenticabile Paolo Odone, in un paesaggio degno della Val d’Aosta o del Trentino.

Partendo dalla Voltri antica, dal suo magnifico centro storico e da quella superba chiesa che è Sant’Ambrogio, dove trionfa il voltrese Bernardo Strozzi con la sua “Madonna dei marinai” che lo storico Giacomo Montanari giustamente esalta spiegandone i motivi, proseguendo e inciampando negli organizzatori della sagra del “bugiandu” che svelano i segreti di questo cibo di Fabbriche, “Frabiche” come si dice in voltrese stretto, fa notare il professor Franco Bampi.

Un Hemingway che nei “Quarantanove racconti” scriveva che a Genova (Sampierdarena o Sestri) aveva mangiato bene ma bevuto vino che sapeva di aceto, ci ha spinto per sfida a salire il Polcevera fino a Morego e scoprire un intelligente ex farmacista produttore di incantevole Bianchetta, una gloriosa associazione di anziani e giovani che custodiscono la memoria della vallata con le iniziative di “Nonsolomorego” vicino a una trattoria che “pesca” pesci davvero genuini grazie alla imbattibile conoscenza “sarda” di Luciano Marceddu e una “caravaggesca” “Deposizione” del Saltarello salvata dalle industrie e custodita oggi nelle sale dell’Accademia Ligustica guidata da Giulio Sommariva. Senza dimenticare, grazie al giornalista e musicologo Roberto Iovino, che qui nei boschi di San Biagio, Nicolò Paganini si rifugiava nel suo “casinetto”.

Infine la Valbisagno, partendo dal “Trattenimento di una villa in Albaro” di Magnasco (Palazzo Bianco) che, nel racconto della storica dell’arte Margherita Priarone, mette bene in luce gli orti delle “besagnine” e le acque delle “bugaixe”, le lavandaie che lavoravano cantando vicino a Staglieno. Quando uno passava a miglior vita i vecchi genovesi dicevano: “U’ l’è aneto a senti cantà e bugaixe…”. Poi su verso Aggio a rivivere l’incredibile vicenda del “fantasma” di un prete-partigiano per scendere a Forte Quezzi sorvolando col drone sul Biscione, onnipresente nei trattati di architettura contemporanea e spiegato nella sua modernità dall’architetto Antonio Lavarello.

Chiudendo con un elogio della genialità dei trasporti genovesi in salita. Cioè le funicolari e gli ascensori “folli” , da Granarolo per salire ai forti, alla Montegalletto un po’ orizzontale un po’ verticale per salire a San Nicola. Ci pensa la magica penna di Antonio Tabucchi genovese-portoghese a raccontarla nel romanzo “Il filo dell’orizzonte” in cui Genova che sale c’è e vive, anche se sotto falso nome.

La Genova delle vallate, insomma, è anche questa. Una scoperta continua, sorprendente in tutto, dove fortunatamente abitano ancora tantissime persone. Un territorio che va continuamente difeso e rilanciato pensando a un nuovo potenziale turistico per la nostra città. L’interno, l’entroterra, la montagna. Lo ribadiscono tre presidenti di municipi: Guido Barbazza, Federico Romeo e Angelo Guidi.

Lo scopo di “Terza” sostenuto convintamente da Paolo Momigliano e dalla Fondazione Carige è soprattutto questo e lo racconteremo con tutti i protagonisti del docufilm su Primocanale mercoledì sera. Con una sorpresa di “Terza”per il 2024 l’anno in cui Genova celebrerà il suo fantastico Medioevo. La vedrete….