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di Mario Paternostro

Con la netta vittoria del Pd a Genova (che, ammettiamolo, in tanti non si aspettavano con questi numeri) e il secondo posto ravvicinato in Liguria a ridosso di Fratelli d’Italia, diventa più che mai urgente una accelerazione delle prossime decisioni. Insisto e insisterò fino alla noia, ma i dirigenti del partito devono individuare subito il possibile candidato per le elezioni regionali che, in caso di rinuncia di Toti, potrebbero anche essere anticipate rispetto alla data della primavera 2025.

Il nome è quello di Andrea Orlando? D’accordo. Lo si dica senza esitazione e si cominci la battaglia politica.

Il risultato di queste europee obbliga il partito maggioritario di sinistra a indicare chiaramente nomi, programmi, obbiettivi e soprattutto alleanze. E’ evidente che di fronte al calo dei Cinquestelle modello Conte, che sembravano in queste ultime settimane avere individuato l’avversario principale non tanto nelle destre al comando della Regione, quando proprio nel “vecchio” Pd, occorre una precisa e netta indicazione del nome di chi guiderà il tentativo (tutt’altro che scontato) di riconquistare via Fieschi, un nome che si possa proporre ai possibili o probabili alleati, cominciando dalla sinistra di Fratoianni e Verdi che ha anche stravinto, poi ai Cinquestelle che così come sono messi, male insomma, non potrebbero fare gli schizzinosi o peggio di fronte a un nome serio, ma anche a una buona parte di “riformisti” che nei mesi scorsi troppe volte si sono sentiti respinti dalla nuova dirigenza del partito emersa dopo la vittoria (nettissima proprio a Genova) di Elly Schlein.

Penso sia probabile, come osservano in queste ore alcuni commentatori, che la segretaria del nuovo Pd oggi possa rivolgersi proprio ai “riformisti” del suo partito, da una posizione di sicurezza derivante dalla sua personalissima vittoria, molti dei quali delusi da alcune scelte giudicate troppo radicali, alcuni dei quali addirittura usciti dal partito (i casi genovesi di Pippo Rossetti e Cristina Lodi passati con Calenda). Considerando anche che in questo centro/centrosinistra di litiganti continui i due leader maximi hanno fatto una figura penosa. Fuori dal parlamento europeo per non essere riusciti a raggiungere nemmeno il 4 per cento. Fossero rimasti uniti avrebbero probabilmente superato l’8 per cento.

Se il vincitore é saggio si deve dimostrare generoso, così la Schlein potrebbe proprio riaprire il dialogo con questi transfughi o, almeno, rinsaldarlo con la minoranza del suo partito.

Sia a livello nazionale che a Genova e in Liguria.

Il nome del possibile leader ligure del Pd post-europee dovrebbe servire proprio a questo. Con il suo prestigio avviare le consultazioni per una nuova alleanza che è meglio per scaramanzia non chiamare “campo largo” termine che non ha portato bene.

Se da un lato è possibile che i voti al Pd anche a livello locale possano essere arrivati da delusi del M5s, è anche ipotizzabile che ci possa essere stato un ritorno al voto di ex, riavvicinati alle urne di un tempo nonostante l’incombente assenteismo. E sarebbe possibile anche un ritorno al voto di sinistra (magari anche riformista) nelle prossime elezioni regionali.

Insomma, visto il risultato soddisfacente i capi del Pd non possono permettersi di fare gli schizzinosi. Devono davvero tentarle tutte.