Commenti

2 minuti e 30 secondi di lettura
di Alessandro Bonsignore*

La riforma dell’accesso alla facoltà di Medicina presenta luci ma cela anche qualche ombra. Proviamo a spiegare il perché.
Innanzitutto è necessario che sia molto chiaro a tutti, a partire dagli studenti e dalle loro famiglie, che il numero programmato (non chiuso, come viene semplicisticamente ed erroneamente affermato dai più), resterà anche dopo la riforma, come è doveroso che sia. Ciò per non creare una pletora medica tra 10-15 anni e, quindi, per non rendere disoccupati migliaia di laureati in Medicina illudendoli di aver fatto ab initio una scelta garantista per posti di lavoro e posizione sociale.

In questo senso bisogna, altresì, avere la consapevolezza che alcuni si iscriveranno a Medicina, pagheranno le tasse universitarie per ricevere delle lezioni online e, pur avendo magari ottenuto buoni (talora ottimi) risultati agli esami, potrebbero trovarsi nella condizione di dover abbandonare il percorso di studi brillantemente intrapreso per lasciare il passo ad altri.

Sul punto si introducono due criticità da sanare nel sistema: 1) si devono necessariamente individuare dei criteri di equalizzazione tra i percorsi di studi delle varie Università italiane, per non arrivare a penalizzare taluni in favore di altri i cui docenti fossero di manica maggiormente larga;
2) grande attenzione dovrà essere posta al tipo e alle modalità della selezione, in aggiunta alla media dei voti (che, come detto, dovrà essere normalizzata) o in sostituzione di essa (un test di ingresso posticipato al termine del primo semestre “open”?).

Quanto sopra senza scotomizzare il fatto che l’apertura a corsi necessariamente online (non esistono, infatti, quasi da nessuna parte, aule in grado di contenere migliaia di studenti) rappresenterà il grimaldello per l’entrata, anche nel settore medico (da cui finora erano rimaste fuori, con rare eccezioni), delle Università private e del mercato che ruota intorno ad esse.
Questo è certamente l’aspetto più preoccupante.

Quale le luci, immagino vi starete chiedendo? Il superamento di un sistema di selezione in entrata che, ad oggi, si basa su di un quiz che non sempre fa emergere il merito e che porta, spesso, le famiglie a investire ingenti somme di denaro per la preparazione al test d’ingresso dei diplomati, che oggi avviene attraverso corsi in ambito esclusivamente privatistico.

Resta, a nostro avviso, un’occasione da non perdere (vedremo i decreti attuativi) per introdurre dei criteri - nell’accesso programmato - in grado di valutare l’attitudine, la motivazione e la propensione a svolgere l’arte del Medico, la professione più umanistica tra quelle scientifiche, che - proprio per questo - richiede soft skills che solo in parte possono essere insegnate e, poi, recepite e poste in essere.

Prof. Alessandro Bonsignore Ordinario all'Università di Genova, presidente dell'ordine dei medici e degli odontoiatri, uno dei cinque esperti dell'osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità del Ministero della Salute, coordinatore del centro regionale trapianti e membro del consiglio superiore di sanità ligure.

Iscriviti ai canali di Primocanale su WhatsAppFacebook e Telegram. Resta aggiornato sulle notizie da Genova e dalla Liguria anche sul profilo Instagram e sulla pagina Facebook

ARTICOLI CORRELATI

Mercoledì 29 Gennaio 2025

Quindici principi per una vera riforma del sistema sanitario nazionale

https://www.youtube.com/embed/Jz66E7uE3dY?si=681hiCEv4JWPyCZ1  
Martedì 28 Maggio 2024

Test di medicina al via, 1.157 iscritti a Genova per 330 posti

Prevista un'altra prova il 30 luglio, i candidati possono partecipare a entrambe