GENOVA - Doneranno una somma di denaro, ancora da quantificare, a una associazione che si occupa di violenza contro le donne o comunque in beneficienza, e scriveranno una lunga dichiarazione per prendere le distanze dagli amici Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, condannati in via definitiva a tre anni per la morte di Martina Rossi. Federico Basetti ed Enrico D'Antonio, infatti, sono accusati di aver dichiarato il falso e di aver così depistato le indagini sul caso della studentessa genovese morta a Palma di Maiorca nel 2011 dopo essere precipitata dal balcone mentre cercava di sfuggire a un tentativo di stupro.
La condanna della Cassazione per Albertoni e Vanneschi era arrivata lo scorso 7 ottobre, a oltre 10 anni di distanza da quella notte del 3 agosto 2011. Adesso emerge questa novità nel corso dell'udienza di ieri, in cui i legali dei due hanno annunciato che chiederanno la messa alla prova per i due amici dei condannati. Il giudice ha dato tempo fino al sette aprile per preparare un programma di volontariato. Se il giudice dovesse accoglierlo e se dovesse andare tutto bene nel corso della messa alla prova il reato si estinguerebbe.
"Contrariamente a quanto è accaduto in Spagna in Italia siamo riusciti a ottenere giustizia, anche se nulla mi restituirà Martina sono soddisfatto. Nessuno deve credere che può passarla liscia se fa male ad una donna", aveva commentato così la sentenza papà Bruno Rossi che poneva la parola 'fine' sul caso della figlia che in Spagna era stato archiviato in maniera frettolosa come suicidio. La tenacia dei genitori ha consentito di ottenere la condanna per tentata violenza sessuale mentre è andata prescritta l'accusa di morte come conseguenza di altro reato.
IL COMMENTO
Situazione drammatica, presidente Meloni serve incontro urgente
La Liguria vuole tornare a correre, al via i cento giorni di Bucci