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Cronaca

L'indagine era partita dopo le denunce dei genitori di Alice e Alberto. "Nei giorni prima abbiamo tentato di contattare 60 volte il centro di salute mentale" aveva detto la mamma dei giovani Antonella Zarri
3 minuti e 27 secondi di lettura
di Au. B.

GENOVA - La procura di Genova ha chiesto l'archiviazione per i due poliziotti e il medico della Salute mentale indagati nell'ambito dell'inchiesta su presunte omissioni, indagine nata dopo l'omicidio di Alice Scagni, la donna uccisa a coltellate in strada dal fratello Alberto l'1 maggio 2022. Le ipotesi di reato contestate erano omissione d'atti d'ufficio, omessa denuncia e morte come conseguenza di altro reato.

L'indagine era partita dopo le denunce dei genitori di Alice e Alberto, assistiti dall'avvocato Fabio Anselmo. Erano indagati la dottoressa della Salute mentale che alla richiesta dei genitori di ricoverare il figlio, secondo i familiari, aveva preso tempo e gli agenti che l'1 maggio non si attivarono nonostante le richieste della madre e del padre di Alice.

La stessa dottoressa, in aula, ha detto che consigliò ai genitori di denunciare il figlio dopo che la prima volta che li aveva incontrati, papa e mamma insieme alla sorella Alice, per parlare della presa in carico del paziente, le era stato spiegato che il motivo per cui lui non si era presentato era che Alberto aveva richiesto 30 mila euro per partecipare all'incontro.

Nella richiesta della procura di archiviazione per il procedimento su presunte omissioni e mancanze di polizia e medico della Salute mentale si legge che il medico "ha spiegato che dopo il colloquio con i familiari, avvenuto il 22 aprile, e le informazioni pervenute telefonicamente il 28 aprile non aveva, sulla base di quanto le era stato riferito, elementi per poter effettuare una diagnosi in quanto erano riportati dai familiari soprattutto comportamenti antisociali, e non aveva invece ravvisato sintomi psichiatrici tali che consentissero e suggerissero un intervento d'urgenza. Aveva invece deciso già durante la riunione del 28 aprile, subito prima della telefonata di Graziano Scagni, insieme ai medici dell'equipe psichiatrica, di coordinarsi col medico di base, con il neurologo e col Sert ma poi, dopo la telefonata aveva deciso di convocare formalmente Alberto Scagni il 2 maggio".

"La mancanza di una denuncia ha impedito la conoscenza di tutte quelle circostanze e dei fatti che avrebbero potuto costituire elementi utili a inquadrare la situazione e a valutarne in anticipo la pericolosità", continua il documento.

"La condotta dell'operatore 113 e del suo superiore in servizio alla sala operativa l'1 maggio 2022, deve essere vagliata esclusivamente sulla scorta delle informazioni fornite nel corso della telefonata da Graziano Scagni - si legge - e appare chiaro che l'invio della volante in soccorso è strettamente legato non solo al tipo di evento rappresentato ma soprattutto al fatto che vi sia in atto un concreto e attuale pericolo per l'incolumità delle persone. Questo deve essere certamente ravvisato nella presenza sul luogo dell'intervento della persona fonte di pericolo".

Alberto al momento delle telefonate non era sotto casa dei genitori o della sorella. Per quanto concerne la dottoressa "l'accertamento sanitario obbligatorio - è scritto nel documento - è deciso dal medico psichiatra in via eccezionale qualora ci sia il sospetto di alterazioni psichiche gravi e quando sono stati vanamente esperiti tutti i tentativi di contattare la persona per acquisire il suo consenso alla visita". 

Processo Scagni, il medico indagato: "Consigliai ai genitori di denunciare il figlio" - LEGGI QUI

"Siamo stati messi sotto accusa noi genitori - il commento della madre dei due ragazzi, Antonella Zarri, madre dei due giovani - per quanto accaduto. Forse ne siamo responsabili. Ci è sembrato naturale cercare di proteggere i nostri figli e noi stessi, cercando di chiedere aiuto alle istituzioni".

"Nei giorni precedenti l'omicidio - continua Zarri - abbiamo tentato di contattare 60 volte il centro di salute mentale cui ci eravamo rivolti per l'impressionante progressione della malattia mentale di nostro figlio. Abbiamo più volte chiamato il 113 perché spaventati dal degenerare inesorabile della situazione".

Il processo per l'omicidio è in corso in corte d'assise e la sentenza potrebbe arrivare a fine settembre. 

Processo Scagni, la mamma: "Mio figlio deve essere curato" - CLICCA QUI

"Io ho chiesto invano aiuto allo Stato e dallo Stato sono stata accusata insieme a mio marito. Ma cosa è lo Stato? Siamo colpevoli solo io e mio marito", continua la madre. "Ma quel che stiamo facendo noi genitori lo dobbiamo ad Alice che non c'è più e ad Alberto, che è di fatto ucciso pure lui. Noi non contiamo nulla", conclude Zarri

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