GENOVA - In questo lunedì al processo sulla tragedia del Morandi sarà interrogato l'imputato Michele Donferri Mitelli, architetto ex responsabile delle manutenzioni di Autostrade per l'Italia, ritenuto con l'ex amministratore delegato Giovanni Castellucci quello che ha più responsabilità per il crollo del viadotto Polcevera.
Il presidente del collegio giudicante Paolo Lepri nel confermare il calendario degli interrogatori della prossima settimana ha ipotizzato che probabilmente ci vorranno tutte le tre udienze della settimana per l'esame di Donferri. Non parlerà davanti ai giudici, invece, come è trapelato destando sconcerto tra i familiari delle vittime, Castellucci, che ha rinunciato al confronto nonostante avesse detto che sarebbe stato in aula "per contribuire alla verità".
Michele Donferri Mitelli, l'ex numero tre di Aspi, per i pubblici ministeri "era di fatto l'esecutore materiale della filosofia dell'ex amministratore Castellucci mirata al risparmio sulle manutenzioni per garantire maggiori dividendi ai soci".
Forte personalità e carattere esuberante, come il suo vocione e il sui marcato accento romanesco, Donferri come testimoniano anche le intercettazioni audio effettuate di nascosto da altri imputati e dalla guardia di finanza, arrivò a fare passare per morto - come hanno riferito i pm - Francesco Pisani, allievo di Morandi che doveva validare il progetto di retrofitting, i lavori di rinforzo delle pile 9 e 10 ma che non vennero mai eseguiti perché il viadotto crollò prima. Lo fece in un'email inviata al dirigente del ministero delle Infrastrutture in cui chiedeva chi fosse l'ingegnere che doveva validare il lavoro".
Francesco Pisani, allievo di Riccardo Morandi e progettista dei lavori di rinforzo della pila 11 fatti negli '90, venne incaricato di fare un progetto nel 2010 per le altre due pile, ma non se ne fece più nulla. Secondo l'accusa a lui Donferri preferì un ingegnere neolaureato che "rispondesse ai suoi ordini".
Come aveva ricordato in sede di udienza preliminare il pm Cotugno esiste una prassi ingegneristica per cui quando si fa un intervento su un'opera importante ci deve essere la validazione del progettista originario. Visto che l'ingegnere Morandi era morto restava il collega Pisani. Ma Donferri, spiegò Cotugno, "rispose in una email che anche quest'ultimo era morto e dunque non poteva validare il progetto".
Pisani, novantenne e molto malato, allora era vivo e sarebbe dovuto essere interrogato dai giudici e dai pm due mesi fa, a settembre, nella sua casa di Roma, ma è deceduto, stavolta per davvero, nell'agosto scorso.
Oggi al processo ai 58 imputati della tragedia di Ponte Morandi costato la vita a 43 persone è stato il secondo giorno dell'esame dell'imputato Mario Bergamo, dirigente che avvallò progetto di retrofitting senza capire il reale stato di pericolo in cui versava del Ponte
Bergamo è stato il responsabile delle manutenzioni di Autostrade per l'Italia dal 2015 al 2016 di Autostrade per l'Italia proprio prima dell'era di Michele Donferri Mitelli.
Nell'esame svolto dal pm Walter Cotugno è emerso che Bergamo nella progettazione dei lavori di ristrutturazione delle pile 9 e 10, il cui crollo ha provocato la tragedia, si è affidato e fidato, così dice l'imputato, delle affermazioni rassicuranti da parte dei suoi sottoposti, primo fra tutti da Fulvio Di Taddeo (presente in aula), responsabile ufficio manutenzione opere strutturali, che gli avevano garantito che i cavi delle pile che reggevano il viadotto avevano un degrado contenuto perchè parlavano di corrosione di pochi trefoli (le trecce di acciaio che compongono i cavi degli stralli), mentre le discusse prove riflettometriche dicevano invece, come ha fatto poi notare il pubblico ministero, schede alla mano, di risultati molto meno rassicuranti, visto che parlavano di 24 cavi corrosi su 52 con difetti di livello 4, quasi il massimo in una scala di 5 livelli.
Il pm nel mostrare le schede dei reali risultati delle prove riflettometriche ha chiesto a Bergamo se questi responsi potevamo essere definiti "un degrado esiguo", l'imputato ha risposto di no, aggiungendo che nel caso avesse appreso di quei dati avrebbe sicuramente richiesto un ulteriore approfondimento sugli stralli del ponte.
Nel ripercorrere come lui era arrivato ad essere nominato dirigente delle manutenzioni dall'allora amministratore delegato Giovanni Castellucci, Bergamo ha riferito che a suo avviso questo settore è il cuore dell'azienda perché deve garantire la transitabilità sulla rete autostradale. Ad esempio le barriere di sicurezza se non vengono installate correttamente e mantenute possono essere molto pericolose. Ha ricordato poi i problemi del sistema del drenaggio delle gallerie che non funzionava e per questo andava riprogettato con tecnologie più sofisticate.
Bergamo non ha saputo spiegare perchè nel 2015 Castellucci dopo averlo promosso alla direzione delle Manutenzioni all'improvviso cambiò l'organizzazione creando una nuova struttura intermedia posta fra le Manutenzioni e l'amministratore delegato, a capo della quale fu nominato Paolo Berti, altro imputato. "Con Berti non ero in sintonia e a volte ho dovuto bloccare iniziative che a mio avviso esponevano l'azienda a rischi, come l'ipotesi di centralizzare l'appalto dei ponteggi con cui aveva avuto anche screzi con Di Taddeo. Berti voleva voleva ottimizzare, risparmiare. Sul Polcevera invece non ha mai interferito".
Bergamo ha parlato anche di un contrasto con Berti nelle vesti di valutatore: "Noi avevano retribuzioni di 160 mila lordi all'anno, che io ritenevo cospicue e che sulla base di obiettivi fissati dall'azienda si potevano incrementare con una percentuale proporzionale allo stipendio, per me il 30%, poi mi ritrovai una valutazione mortificante, perchè mi diedero il 5% nonostante avessi lavorato per un lungo periodo 10 o 12 ore al giorno. Dopo avere parlato con Giacardi che si occupava del personale mi fu detto di parlare con Castellucci, che rimase impressionato perchè mi vide alzare la voce come non avevo mai fatto, ma non era l'incremento di tremila euro a infastidirmi bensì che una valutazione così negativa rimanesse nella mia storia".
Per fare capire il clima di grande tensione che si respira in tribunale nella tensostruttura trasformata in aula basti dire che l'interrogatorio del pm Cotugno, come quelli svolti agli altri imputati le settimane scorse anche dall'altro pubblico ministero Marco Airoldi, è stato condotto in modo molto risoluto, a tratti con toni aspri. Non a caso alcuni imputati, fra cui Giovanni Castellucci, dopo avere dato la propria disponibilità hanno rinunciato all'esame in aula.
La riprova della tenacia dei pm confermata anche quando, dopo un'obiezione di un legale a lasciare rispondere Bergamo, Cotugno è stato invitato dal giudice Paolo Lepri a non incalzare l'imputato, "lei continua a dirgli di tutto ogni volta che apre bocca, lo lasci rispondere".
Nell'esame Bergamo ha parlato anche del rapporto con Castellucci, "l'ho conosciuto nel 2001 e dopo 5 o 6 anni è diventato amministratore delegato, un dirigente con profonda conoscenza dell'azienda e degli aspetti tecnici e capace di interloquire anche su problemi tecnici, per farsi un'idea di persona come formazione ci faceva fare ricognizioni in pullman andando fisicamente sulle opere, Castellucci, era un dirigente sempre pronto e sul pezzo, quando passava sulla tratta Civitavecchia Tarquinia, dove io ero amministratore delegato per dieci anni, se vedeva qualcosa che non andava mi chiamava subito".
Bergamo ha parlato anche della fine del rapporto di lavoro con Aspi e le consegne lasciate alla fine del marzo 2016 al suo successore, appunto Donferri Mitelli, con un incontro durato un'ora e mezza promosso dal numero 2 di Aspi e anche lui ora indagato Berti, "il passaggio di consegne non fu difficile perché io andavo via ma la continuità del lavoro era assicurata dai quattro dirigenti degli uffici che si occupavano di Manutenzione e tutti rimasti al loro posto. Non ricordo però se dissi a Donferri che erano state avviate delle consulenze esterne per il Morandi, mentre di certo gli parlai del progetto di risanamento del viadotto".
IL COMMENTO
Situazione drammatica, presidente Meloni serve incontro urgente
La Liguria vuole tornare a correre, al via i cento giorni di Bucci