Vennero omessi alcuni dati nella sintesi del progetto del retrofitting, i lavori di rinforzo delle pile nove e 10 del ponte Morandi, in modo da non spaventare il Ministero delle Infrastruture. Ma comunque i dati inseriti negli allegati non vennero nemmeno controllati dagli organi ministeriali. E' quanto emerso nel corso della discussione del pubblico ministero Massimo Terrile all'udienza preliminare per il crollo del viadotto Morandi il 14 agosto del 2018.
Per il pubblico ministero la tabella di Spea (la società che si occupava della manutenzioni) con tutte le rilevazioni sulle travi, con tutta una serie di indici inferiori a 1 e quindi che indicavano un rischio crollo, fu mandata a l'ingegnere Claudio Bandini, interno di Aspi. Per l'accusa, quel documento doveva essere vagliato da un organo esterno. Ma così non fu perché Bandini era un sottoposto di Michele Donferri Mitelli, all'epoca numero tre di Aspi, e dunque "manovrabile".
Il pm continuerà a parlare la prossima settimana. Sono 59 le persone imputate oltre alle due società Aspi e Spea. Per gli investigatori tutti sapevano che il ponte era malato ma nessuno fece nulla per ridurre i costi, in modo da garantire maggiori dividendi ai soci.
IL COMMENTO
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