Cronaca

Mannella, teste degli imputati, ingegnere, racconta di due opere in uso a Roma e in Basilicata: "Devono durare almeno 30 anni, la parte più delicata la sommità degli stralli, verifiche con riflettometriche ed endoscopie". Altro testimone: "Nessuna pressione"
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di Michele Varì

GENOVA - Giovanni Castellucci, l'ex numero uno di Autostrade per l'Italia e principale imputato del processo Morandi rilascerà dichiarazioni spontanee ai giudici. Lo farà però solo dopo la lunga fase tecnica cruciale per il processo che inizierà l'8 aprile, dopo Pasqua, e vedrà confrontarsi consulenti delle parti e periti dei giudici per stabilire cause del crollo e responsabilità. Nei giorni scorsi è anche trapelato che la difesa di Castellucci punterà sul fatto che lo Stato nel '99 avrebbe consegnato ad Autostrade per l'Italia un ponte con un vizio occulto e occultato di costruzione sulla pila 9 che ha poi provocato il crollo.
In questa ottica vanno lette le parole del teste oggi in aula, Paolo Mannella (foto a destra), ingegnere Anas esperto in ponti e gallerie, chiamato dall'imputato Giampaolo Nebbia, responsabile esercizio di Spea.

Mannella ha raccontato come vengono monitorati due ponti strallati realizzati da Morandi e gestiti da Anas, il Carpineto, in Basilicata, costruito nel 1977 e il Magliana a Roma, aperto nel 68, affermando che dopo la tragedia di Genova le linee guida delle verifiche sono più rigide, ribadendo le difficoltà dei controlli sulle sommità degli stralli, dove facile che il calcestruzzo non arrivi in modo uniforme.

Mannella ha sottolineato l'importanza delle prove riflettometriche e visive, con cannocchiali e macchine fotografiche, tecniche invece contestate dall'accusa.

L'ingegnere Anas ha anche ribadito che un ponte nuovo non dovrebbe essere a rischio per 30 anni, spiegando come le prove distruttive, le endoscopie, non possono garantire sulla solidità dell'intera struttura. Endoscopie che consentono di vedere il cavo grazie a un foro di pochi centimetri realizzato con un trapano in cui viene inserita una piccola telecamera. "l limite è che il cavo lo vedono in un certo punto, si ha la visione di quel punto e d'insieme” ha aggiunto Mannella.

Il secondo teste in aula Pasqualino Pastorino (foto a sinistra), ex tecnico di Spea in pensione da quattro anni, abitante a Masone, chiamato dall'imputato Fabio Sanetti, suo superiore, ha solo ribadito che non ha mai ricevuto pressioni affiché venissero edulcorati i risultati delle verifiche.

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