GENOVA- Il vizio occulto e occultato di costruzione sull'antenna della pila 9 del ponte Morandi si sarebbe potuto rilevare solo "demolendo una parte rilevante dello strallo perché il difetto era molto più in profondità rispetto a quello della pila 10".
Lo hanno detto oggi in aula, nel processo in corso per il crollo del viadotto Polcevera, i consulenti Claudio Mazzotti (a sinistra nella foto) e Roberto Felicetti (a destra) che, insieme ad altri dieci tecnici, hanno depositato la consulenza tecnica di parte per conto degli imputati di Spea, l'azienda controllata da Aspi che doveva svolgere le attività di manutenzione e monitoraggio sul viadotto crollato.
"La presenza del difetto - hanno detto - non è stata scoperta in quanto non esistevano tecniche non distruttive o debolmente distruttive in grado di farlo a meno di una pericolosa demolizione quasi totale del calcestruzzo di una porzione di strallo, andando a minare la sicurezza dell'intero sistema e la sua durabilità".
Non sarebbe stato possibile secondo i tecnici nemmeno un carotaggio dall'alto, pericoloso per il personale e anche difficile da attuare, mentre le indagini endoscopiche a causa delle "limitazioni visive" non avrebbero comunque consentito di capire la gravità del problema. I raggi X, suggeriti a suo tempo dallo stesso progettista Riccardo Morandi, come metodo di indagine, erano "inapplicabili" sul ponte sia perché la presenza di molti trefoli avrebbe prodotto "una sorta di mascheratura del difetto" sia perché per eseguirle in sicurezza si sarebbe dovuta "sgomberare un'area con raggio di alcune centinaia di metri.