Cronaca

Oggi udienza preliminare per i 47 imputati accusati di reati emersi da inchiesta principale sul crollo del Ponte: alcuni, come i falsi, sarebbero stati commessi in uffici Spea di Roma o Bologna
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GENOVA - Rimane aperta la possibilità che il processo Morandi Bis che vede imputate 47 persone e nato dall'inchiesta principale sulla tragedia del 14 agosto 2018 possa essere celebrato in una sede diversa dal capoluogo ligure, come Bologna e Roma, dove ci sono sedi di Spea e dove sarebbero stati commessi alcuni dei reati di falso ipotizzati dall'accusa.



L'eventualità è stata confermata nell'udienza preliminare di oggi avvenuta nell'aula bunker del tribunale di Genova e alla fine della quale il giudice Lippini ha rinviato la decisione al 23 e al 24 luglio per eventuali repliche dei difensori, quindi il giudice, probabilmente a settembre, si riserverà di decidere se rinviare a giudizio o anche la competenza del processo o di rimettere questa decisione alla Corte di Cassazione


L'istanza di trasferire il processo era stata richiesta nelle scorse udienze dagli avvocati di alcuni imputati che hanno presentato un'eccezione per incompetenza territoriale adducendo il fatto che i presunti reati di falso contestati sarebbero stati commessi in luoghi diversi da Genova, in uffici Aspi o Spea di Roma e di Bologna.

Il giudice Lippini ha preso atto della richiesta e dopo essersi riservato la decisione ha rinviato tutto al termine delle udienze fissate.

L'inchiesta era partita dopo il crollo del ponte costato la vita a 43 persone e riguardava i falsi report sullo stato dei viadotti, le barriere antirumore pericolose, il cedimento della galleria Bertè in A26 avvenuta il 30 dicembre 2019 e il mancato rispetto delle norme europee per la sicurezza nei tunnel.

Le accuse, a vario titolo, sono falso, frode, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo. Tra gli indagati l'ex Ad di Aspi Giovanni Castellucci, gli ex numeri due e tre di Autostrade per l'Italia Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli e Stefano Marigliani, ex direttore di tronco della stessa azienda, tutti imputati al processo sul crollo del viadotto Morandi.

Secondo gli investigatori della Guardia di finanza, coordinati dai pm Stefano Puppo e Walter Cotugno, i tecnici di Spea ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare i lavori. Era stato scoperto, inoltre, che le barriere fonoassorbenti montate su alcuni tratti autostradali erano difettose e si erano staccate causando problemi agli automobilisti. Uno degli indagati aveva anche detto al telefono che erano "attaccate con il Vinavil".

Il 30 dicembre 2019 era invece crollata una parte della volta della galleria Bertè, in A26. Si erano staccate quasi due tonnellate di cemento che per fortuna non avevano colpito mezzi in transito. Anche in questo caso per la procura i controlli non venivano fatti in maniera adeguata. Le due società Aspi e Spea sono uscite dall'inchiesta dopo avere patteggiato per questo filone con circa un milione di euro.

A confermare a Primocanale la possibilità del trasferimento in altra sede, a Bologna o Roma, è l'avvocato Rinaldo Romanelli, che difende sei imputati, ispettori di Spea che effettuavano ispezioni sul tronco di Genova: "Oggi in aula sono proseguite le discussioni dei difensori e il giudice ha rinviato l'udienza non all'11 luglio, giorno in cui l'unione delle camere penali di tutta Italia ha indetto un'agitazione dell'attività giudiziaria per denunciare le condizioni delle carceri e del sovraffollamento degli istituti, ma al 18 luglio, data in cui dovrebbe cominciare la replica del pubblico ministero. Dopo sono state fissate altre due udienze per il 23 e il 24 luglio per eventuali repliche dei difensori, poi il giudice probabilmente si riserverà di decidere se rinviare a giudizio o anche la competenza, perché sono state presentate più eccezioni di competenze territoriali, o di rimettere invece questa decisione alla Corte di Cassazione".