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Il primo a parlare è l'ingegnere strutturista Giampaolo Rosati, uno dei tre periti del tribunale che ha raccontato come sarebbero dovuto essere iniettati i cavi degli stralli del ponte Morandi, spiegazione utile per arrivare a parlare del difetto di costruzione del Morandi che è anche la principale tesi degli avvocati difensori degli imputati.
E' iniziata puntuale pochi minuti dopo le 10 nella tensostruttura del tribunale di Genova l'udienza che segna la ripresa del processo Morandi: per due giorni, oggi e domani, all'interno della fase tecnica parleranno i periti del tribunale chiamati a rispondere alle domande sulla perizia integrativa richiesta dei giudici per arrivare a capire il perchè della tragedia del 2018.
In aula ci sono alcuni imputati, fra cui l'architetto Michele Donferri Mitelli, responsabile delle manutenzioni di Autostrade per l'Italia, che aveva rilasciato dichiarazioni spontanee nel novembre scorso. Fra il pubblico anche la portavoce del comitato delle vittime del Morandi Egle Possetti ed Emmanuel Diaz, fratello di Henry Diaz, una delle 43 vittime.
Rosati nella sua esposizione ha parlato delle verifiche di stabilità e di sicurezza nelle opere nuove ma anche in quelle esistenti.
Un tema su cui il presidente dei giudici Paolo Lepri ha voluto approfondire ponenendo una domanda tesa a comprendere se Aspi quando ha rilevato il Morandi era tenuta a una verifica di sicurezza visto che la normative che le imponenavano partivano dal 2008. Rosati ha risposto che esisteva una circolare che prevedeva verifiche di stabilità già dal '67, anno di costruzione del viadotto.
Di fatto Aspi quando si accorge delle problematiche sulle pile 10 e 11, si cui poi saranno effettuati interventi di messa in sicurezza, sarebbe dovuto effettuare verifiche ed eventuali interventi anche sulla pila 9. I legali degli imputati hanno però sempre sostenuto che le verifiche svolte non davano criticità gravi sullo strallo crollato, tanto che in una relazione firmata dallo stesso Donferri si era ipotizzato che la pila 9 fosse sicura sino al 2030.
Dopo Rosati a parlare è un altro perito del tribunale, il pisano Massimo Losa, ingegnere stradale, che riferito della necessità di fare un'analisi storico critica delle opere come il Morandi, processo che in può agevolare la conosocenza e il comportamemnto di una struttura "perchè spesso i disegni dei progetti non rispecchiano il costruito, per questo è importante capire la storia di un'opera" ha sottolineato. Anche Losa ha riferimento agli altri ponti costruiti nel mondo da Morandi. Da quello di Maracaibo a quello romano della Magliana sul Tevere, e poi il Carpineto costruito in provincia di Potenza, sulla basentana, "ultima occasione di Morandi per affermare la sua idea e che segna anche la fine dell'idea del Morandi"
Losa parla poi delle criticità delle pile dei vari ponti di Morandi e dei cavi ricoperti dal calcestruzzo
L'ingegnerfe poi si sofferma sulla pila 11 del Morandi dove negli anni '90 fu trovata una cavità nella parte bassa, "questo perchè le armature di cemento non erano disposte secondo il progetto, tanto che non si riusciva più a distinguere cavi primare da secondari e molti cavi erano corrosi".
Da lì Losa ha parlato della cavità nella pila 9 che avrebbe provocato la tragedia del 2018. Il tecnico ha fatto riferimento a una mail di due imputati, Meliani (dirigente genovese responsabile ufficio opere d’arte direzione 1°, 2°, 3° e 9° tronco Aspi) a Ceneri (dirigente Spea) con oggetto sul degrado rilevato sulle pile 10 e 11 che avrebbe dovuto fare prevedere la stessa corrosione sullo strallo crollato.
in aggiornamento
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