
"Ecco perché il Cep non riesce a migliorare". A parlare è Carlo Besana, il farmacista anima del Cep che più di tutti con le sue idee e attività ha portato all'attenzione le difficoltà di quello spicchio di periferia sulle alture del ponente di Genova che in questi giorni festeggia il ritorno di un poliambulatorio.
Besana dopo tanti anni pensa di avere capito perché il Cep non riesce a scrollarsi di dosso il marchio di quartiere disagiato.
"Tutto ruota - spiega Besana - attorno al meccanismo dell'assegnazione delle case popolari, che espelle dal quartiere chi non è indigente e accoglie le persone più fragili, di fatto condannando quelle vie affacciate sul mare di Pra' al degrado".
Nei dettagli Besana dice: "L'ottimismo che avevo negli anni '90 è un po' scemato rispetto alle possibilità di risolvere i problemi, credo che sia matematicamente impossibile trovare una soluzione. Lo spiego con due parole: quando sono arrivato nel '95 c'erano ragazzi di cinque o sei anni, qualcuno di loro ce l'ha fatta a studiare e a trovate lavoro e a mettere su famiglia, questi non possono stare qui perché non hanno i requisiti per avere una casa popolare, dunque questi a trent'anni sono stati esportati perché ce l'hanno fatta, quelli che rimangono sono quelli che non ce la fanno per diversi motivi, perché sono pigri, perché non hanno le capacità ed è giusto che vengano seguiti, ma sono un freno alla costruzione di una comunità attiva, quando si libera un appartamento a chi va? A primo della graduatoria delle case popolari, come è giusto che sia, che però è l'ultimo della scala sociale, quindi si esporta chi ce la fa, si trattiene chi non ce la fa e si importa disagio, dunque secondo me non c'è una soluzione".
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