"Portare avanti un'azienda agricola ha dei costi insostenibili, così è difficile sopravvivere" la denuncia arriva da Casella dove un giovane agricoltore di 24 anni a Primocanale denuncia le difficoltà di chi lavora nel settore.
Che non fosse un fuoco di paglia lo si era già capito quando, il 15 gennaio, circa 30 mila persone hanno bloccato le strade di Berlino, in Germania, con i trattori, com'era già accaduto nelle scorse settimane. Così la protesta degli agricoltori si è allargata, a macchia d'olio, su tutto il vecchio continente, fino a raggiungere l'Italia, ma passando attraverso grandi Stati come Francia, Paesi Bassi, Spagna. La fotografia scattata alla Porta di Brandeburgo, nella capitale tedesca, ha allarmato anche Strasburgo e Bruxelles, dando il senso della portata delle manifestazioni contro la politica europea. La rabbia degli agricoltori si è scagliata contro un'Europa definita "lontana e poco amica", fautrice di norme penalizzanti e di una burocrazia asfissiante, che sta mettendo in ginocchio il futuro di chi lavora a contatto con la terra. Nel mirino del dissenso ci sono le nuove regole del 'Green Deal', considerate troppo severe nei confronti del mondo agricolo.
Gli agricoltori lamentano la consistenza delle politiche comunitarie, a partire dai fondi per rinnovare la Pac (Politica Agricola Comune) che prevedono l'obbligo di destinare almeno il 4% dei terreni coltivabili a funzioni non produttive, oltre all'obbligo di effettuare rotazioni delle colture e di ridurre l'uso di fertilizzanti di almeno il 20%. Secondo i coltivatori si tratta di decisioni che rischiano di rendere il settore agricolo europeo meno competitivo rispetto all'import. Nella protesta stanno ricoprendo un ruolo significativo anche l'Ucraina o i cosiddetti Paesi meno abbienti: gli agricoltori lamentano l'import di prodotti agricoli, soprattutto i cereali, a prezzi più bassi da parte di Kiev. Secondo gli agricoltori questa "concorrenza scorretta al ribasso" sta distruggendo il mercato interno. Per quanto riguarda l'Ucraina denunciano che produrre alcuni prodotti in quello Stato costa la metà rispetto ad altri Paesi europei.
La tensione, con il passare delle settimane, è salita anche in Italia, fino a quando, attraverso una chat, "Riscatto agricolo" si è dato appuntamento sulle strade di molte regioni per contrastare la Pac e la reintroduzione dell'Irpef sui terreni agricoli. L'escalation di proteste ha portato a un passo indietro da parte del Governo, che ha deciso di tagliare l'Irpef. L'esenzione però sarà valida solo per i redditi agricoli inferiori ai 10 mila euro. Sconto invece del 50% per i redditi dai 10 mila ai 15 mila euro. Così il Governo di Giorgia Meloni ha trovato l'accordo, dopo lo scontro, neanche troppo velato, tra Fratelli d'Italia e Lega. Per molti infatti è considerato un compromesso dell'esecutivo per tentare di tenere "buona" la Lega, ma inizialmente con poco successo, considerando le parole al vetriolo tra il ministro Lollobrigida e il vicepremier Salvini.
La protesta è arriva anche sul palco dell'Ariston, con una lettera letta dal conduttore Amadeus, e i trattori e la mucca Ercolina 2 a fare da sfondo nella Città dei Fiori. A fomentare gli animi già roventi ci pensa anche l'introduzione della farina d'insetti e della carne coltivata. E a fare da cornice, il caro gasolio con l'aumento dei prezzi. Nel frattempo, diventa sempre più serrato il battage tra gli agricoltori, le cosiddette vendite dirette e la grande distribuzione, che ha fatto perdere valore ai piccoli produttori. E i forconi, di nome e di fatto, sono pronti a inforcare ancora.
Un giovane agricoltore spiega le problematiche che deve affrontare un'azienda in Liguria: "Tanti giovani fanno fatica per il semplice motivo che non c'è certezza nel nostro mestiere. Ho 24 anni ed è difficile sopravvivere in una realtà come questa, perché comunque per creare un'azienda ci vogliono soldi e i soldi vengono soprattutto dati dopo che vengono spesi e non tutti hanno le possibilità di investire, specialmente con i costi di costruzione che ci sono al giorno d'oggi e soprattutto perché vengono ridati con delle tempistiche molto lunghe. Quindi bisogna anche considerare che una piccola azienda per partire ha bisogno di un costo esorbitante. Costruire una qualunque cosa in un territorio come il nostro ha dei costi insostenibili. Perché comunque, a differenza delle regioni vicine noi partiamo da una terra che, come abbiamo già detto mille volte, è svantaggiata. Quindi è anche questo il problema che abbiamo in Liguria".
Tiziana Beghin, europarlamentare del Movimento Cinque Stelle sottolinea la situazione a livello internazionale con le conseguenze che si ripercuotono anche in Italia sul tema agricoltura: "L'agricoltura è sempre vista come merce di scambio per tutelare gli interessi invece di un certo tipo di industria, di un certo tipo di servizi, anche che hanno degli interessi offensivi nei Paesi terzi molto più ampi e che sono anche disposti poi a far fare un certo tipo di concorrenza sleale, avendo delle tutele sì ambientali e, diciamolo, anche di tutela dei lavoratori molto più basse rispetto a quelle che hanno invece come norme i nostri produttori. Allora oggi è il problema. Perché oggi che le mele costano ai produttori 0,29 centesimi arrivano in grande distribuzione a non meno di 2,10 euro. E come fanno a diminuire ancora i costi produttori laddove, come giustamente si diceva, è aumentato ed è stato troncato completamente il credito di imposta per i nuovi imprenditori agricoli l'Irpef è stato reintrodotto, anche se con alcune deroghe. L'agricoltura 4.0 aveva un grandissimo effetto moltiplicatore, soprattutto là dove si andava poi a promuovere un certo tipo di agricoltura di eccellenza. Perché, dobbiamo ricordarlo rispetto ad alcune colture su cui noi siamo fortissimi. Da un punto di vista dell'eccellenza, purtroppo se giochiamo al ribasso non saremo mai competitivi, non solo con i Paesi terzi, ma nemmeno con i nostri vicini di casa. Vedi la questione grano con l'Ucraina. Ma ricordo anche la questione grano che arrivava e che arriva tuttora dal Canada con il CETA e, ricordiamolo, anche non da ultimo, la questione del credito d'imposta per l'acquisto di carburanti. Questi sono problemi legati ad accordi di filiera che avvantaggiano la grande distribuzione, cosa che, ahimè devo dire, piace molto anche in Liguria".
Alessandro Piana, assessore regionale all'Agricoltura attacca la gestione da parte dell'Unione europea sul tema agricoltura: "La politica europea, soprattutto del commissario Timmermans, negli ultimi anni ha lasciato più di qualche dubbio, a partire dal tentativo della riduzione dei fitofarmaci e abolizione completa dei fitofarmaci, che vedrebbe probabilmente la Regione Liguria penalizzata più di altre regioni, visto che deteniamo il 33% della produzione di fiori, ad esempio. Mi pare che penalizzare fortemente paesi come l'Italia, la Francia o la Germania, la Spagna, che determinate regole se le erano già date negli anni, sia stato un po' troppo eccessivo. In Liguria abbiamo un sistema contributivo agevolato per quelle che sono le zone svantaggiate e noi, come Regione Liguria, abbiamo l'87% di territorio considerato svantaggiato".
Armando Sanna, consigliere regionale del Pd entra sul tema: "Penso sia fondamentale oggi rafforzare anche le strutture regionali. Abbiamo in rischio di perdere 3 milioni al 31 dicembre del PSR con la Liguria che è l'unica Regione che rischia di perdere questi finanziamenti. Ma dietro tutto questo io metto un tema politico: abbiamo una struttura che oggi è vuota, una struttura dove ci sono pochissimi dipendenti che fanno i salti mortali per riuscire a mantenere quelli che sono gli adempimenti di legge e la tanta burocrazia che oggi porta proprio alla rincorsa di questi finanziamenti".
Andrea Sampietro, direttore di Confagricoltura Liguria fa un quadro della situazione del settore in Liguria: "Noi abbiamo una agricoltura su un territorio particolare come quello rurale del nostro entroterra, dove le esigenze sono chiaramente diverse rispetto a quelle della grande azienda sulla pianura, ma anche rispetto alla grande azienda della Piana d'Albenga. Faccio un esempio che ci hanno portato loro le attuali recinzioni che possono essere realizzate per proteggere il fondo dall'aggressione di fauna selvatica generale non sono più soddisfacenti rispetto a quello che è il grande pericolo attuale rispetto ai cinghiali. Noi dobbiamo dare delle risposte concrete nell'ottica effettivamente di riconoscere quel ruolo di custodi del territorio che queste tipologie di aziende hanno, è un ruolo strategico fondamentale non solo per l'agricoltura ma per tutti noi, perché è un territorio ben tenuto e ben custodito da parte di chi fa questo tipo di agricoltura eroica. E poi serve anche a salvaguardare tutti noi dal rischio idrogeologico".
IL COMMENTO
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