GENOVA - Se i bookmakers della politica dovessero scommettere sul futuro scenario ligure, dovrebbero farlo con un margine di rischio alto, molto alto. Perché se per alcuni, soprattutto per l'opposizione, si profila il voto anticipato in autunno, per la maggioranza, al momento, l'ipotesi porterebbe a una rottura definitiva del giocattolo. Il centrodestra, fin da subito, si è mostrato compatto, al fianco del vicepresidente Alessandro Piana, nominato presidente facente funzioni, ma nei corridoi del palazzo della Regione la tensione sembra alle stelle.
Le dimissioni del presidente (sospeso) Giovanni Toti saranno valutate, come spiegato dal suo avvocato Stefano Savi, nei prossimi giorni e la decisione, probabilmente, sarà legata soprattutto ai risvolti giudiziari. Il legale, durante l'interrogatorio di garanzia di oggi (venerdì 10 maggio ndr), ha annunciato che il suo assistito parlerà settimana prossima. Sullo sfondo però, e da uomo politico navigato lo sa, Toti, resta la tenuta della sua maggioranza e la presa di posizione, per il momento, in ghiacciaia, della premier Giorgia Meloni.
Se la leader di Fratelli d'Italia dovesse ritenere opportuno un suo passo indietro, il governatore ligure si troverebbe nel ruolo scomodo di rifiutare un suggerimento che potrebbe trasformarsi in imposizione, da parte di Meloni. Fratelli d'Italia, d'altronde, è il partito che maggiormente potrebbe guadagnare dalla elezioni anticipate, cannibalizzando i voti al centrodestra, tra la crisi della Lega e il terremoto giudiziario che ha coinvolto il presidente Toti. Per questo, nelle scorse ore, è circolato il nome dell'attuale assessore regionale allo Sport Simona Ferro, in quota FdI, come possibile candidata alla presidenza, che proprio a Primocanale ha però smentito, rimarcando "la precocità di questo discorso" LEGGI QUI.
Nel frattempo l'opposizione ha già iniziato una prima fase, quella di "schedatura" di coloro che sono pronti a scendere in campo, dai partiti alle associazioni, passando per la cittadinanza (attiva). Perché, lo hanno già detto in casa dem, che sarà anche il territorio a indicare la strada. "Prima i programmi e poi i nomi" ripetono come un mantra dal centrosinistra (soprattutto Pd e Mov5s, meno la Sinistra che invece chiede un nome al più presto ndr), ma se questa regola poteva valere fino a martedì mattina all'alba - orario in cui è scattato l'arresto del presidente Toti -, adesso lo scenario è completamente cambiato e il rischio voto anticipato sembra molto più di un'ipotesi. E se si dovesse votare a settembre, il candidato, anche se un volto conosciuto (vedi l'ex ministro Andrea Orlando o il deputato Luca Pastorino), avrebbe comunque bisogno di girare il territorio e farsi conoscere.