Politica

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di Franco Manzitti
bandiere con scritto partito democratico

Lo so che il paragone è improponibile, il raffronto impresentabile, la similitudine impossibile. Ma tant’è il tourbillon della politica planetaria, da Mar a Lago a Pentema, da Capitol Hill a Palazzo Tursi, dallo stato maggiore repubblicano Usa al Pd ligure di via XX Settembre, mi ha portato a farli questi incredibili confronti.

Che riguardano inesorabilmente i democratici, intesi in Usa per il partito di Biden, Obama, Clinton, eccetera eccetera per arrivare fino a Kennedy e intesi qua per il Pd, fondato dalla fusione a freddo tra Margherita e Ds e che ci ha portato da Prodi, a D’Alema e compagnia cantante fino alla Schlein e a Genova a Andrea Orlando, Davide Natale, Simone D’Angelo, passando per tanti nomi che mette nostalgia citarli, da Gambolato a Margini, a Mazzarello, a Benvenuti, a Tullo, a Burlando, eccetera eccetera.


Ebbene in America in quattro anni non sono stati in grado di trovare un candidato che sconfiggesse il Trump di Capitol Hill e hanno schierato il povero Biden, ultraottantenne, fino a farlo ritirare tre mesi prima, per schierare la Harris, predestinata alla sconfitta.
Quattro anni senza trovare un leader della nuova, della vecchia, della futura frontiera, che si mettesse di traverso al Trump bis, dopo averlo già sperimentato e temuto. E va bene che al mondo non ci sono più leader e se ci sono o è papa Francesco o stanno dall’altra parte, ma gli Stati Uniti sono grandi, profondi, sconosciuti, come si dice sempre e possibile che non esistesse tra tanti Stati dell’Unione Federale qualche alternativa? Con i capitali dietro per reggere contro il trumpismo?


Ebbene nel suo piccolo a Genova e in Liguria stanno facendo del loro meglio per imitare. Qui non sono riusciti i democratici, che così si chiamano con un vezzo un po’ americano i piddini, a battere Bucci, che aveva sulla schiena lo scandalo giudiziario della giunta totiana e ora annaspano nel buio di questo inverno per trovare lo sfidante di Pietro Piciocchi, l’erede designato, anche se non del tutto, della destra.
Annaspano sotto la guida del segretario regionale Davide Natale, che ogni giorno ne inventa una, meno quella di trovare il candidato giusto per sé e per i suoi alleati. E annaspano sotto l’ispirazione di Andrea Orlando, lo sconfitto alle regionali, che ora si è concentrato qua in Liguria, abbandonando il suo seggio parlamentare, dopo sette legislature e quattro ministeri e una leadership intellettuale e politica indiscussa. Ma che alla Elly forse non piaceva tanto.


Hanno costituito un comitato di dieci per scovare il candidato e proporlo agli alleati e non si sa che lavoro faccia.
Escludono le Primarie, che maniman…., ma folgorano Armando Sanna, il più votato alle regionali, che si è messo a disposizione e guardano di traverso il giovane Romeo, che stava una spanna dietro.
Dichiarano per bocca di Natale che Alessandro Terrile è un funzionario con i fiocchi, facendo capire o non capire che vorrebbero lui a correre, lui buon avvocato, amministratore delegato dell’Ente Bacini, ma con qualche sconfitta elettorale sul groppone, come vecchio segretario provinciale.
Insomma vagano nelle nebbie di questa stagione di mezzo, mentre Piciocchi è già in corsa da mesi.
Ma alla fine chi decide e quando?


Il segretario provinciale Simone D’Angelo dispensa parole di saggezza e di calma dall’alto della sua autorevole barba, tessendo la trama complessa delle alleanze e dei programmi, ma non accende nessun lume sulla candidatura, salvo la proclamazione della certezza che Mister X c’è già, anzi ce ne è più di uno. Roberta Pinotti, la più titolata, ex parlamentare, ex ministra, schiva l’ipotesi (e anche la benevolenza del sondaggio di Tecnè e Primocanale), trattenuta anche dalla possibilità di un “fuoco amico” della coalizione, lei, ex titolare della Difesa, in tempi di guerre e pacifismi. E così nel frullatore ruotano i nomi più improbabili, come anche quelli dei figli di Beppe Pericu, Andrea e Silvia, pace all’anima del grande Beppe, che avrebbe sepellito i diffusori di queste voci con una delle sue monumentali risate, come quelli della vice rettrice dell’Università Adriana De Palma e del saggista Marco Conti, l’autore del libro dove si chiede se Genova è ancora nel Nord del Paese.


Sembra di vedere un vecchio film, già girato prima delle candidature targate Pd, tutte rigorosamente fallite, di Gianni Crivello, di Ariel Dello Strologo e, andando in Regione, anche di Raffaella Paita e di Ferruccio Sansa.
Se non avessi tanti stimatissimi amici spezzini di ieri e di oggi, grandi politici come Luciano Faraguti, Giorgio Bogi, Pietro Zoppi, Giorgio Pagano, Gigi Grillo, Lorenzo Forcieri e tanti altri ancora, mi verrebbe un cattivo pensiero.
Non è che oggi il gioco è così complicato perchè a menarlo sono due spezzini, Andrea Orlando e Davide Natale , appunto spezzini doc, cui sono affidati i destini di Genova da riconquistare?
Vogliamo di nuovo metterci di mezzo il Bracco e la storica rivalità o reciproca insofferenza tra la città capitale e la città lontana, cresciuta con un destino inizialmente diverso e poi diventata anche concorrente?
Non vogliamo essere così perversi da far correre questi pensieri fuori moda e fuori contesto. Ma l’incertezza nella quale affondano i nostri dem provoca quasi i cattivi, pensieri perché la partita comunale genovese è di capitale importanza per il Pd e per i suoi alleati e “rulla” da questa estate, da quando Bucci ha cambiato poltrona.


Mesi e mesi per trovare l’uomo o la donna giusti. E alla fine queste piccole risse da paese, le censure a chi ha osato “mettersi a disposizione”, accusato di avere perfino preso un colpo in testa. Parole di Natale, non nel senso della Festa, ma del segretario regionale in carica. Che si fa perfino sfottere da Bucci, il quale propone al fedifrago Sanna, maltrattato dal Pd nonostante i suoi successi, di andare a fare il vice sindaco di Piciocchi!
E allora non si può che concludere con un augurio: Buon Natale! Che non è quello delle feste appena passate. Ovviamente!

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