GENOVA - "Da quando ho iniziato a fare il medico sento parlare di integrazione territorio-ospedale, parole belle di cui ci si è sciacquati la bocca tantissimo in passato, ma mancavano le risorse. Oggi c'è la forza economica per provare a fare questa questa rivoluzione del territorio. E' un'occasione unica nella storia per davvero cambiare il sistema". Così Angelo Gratarola, assessore regionale alla sanità, durante l'ultima puntata di Terrazza incontra la sanità pubblica e privata della Liguria dedicata al piano socio sanitario della Liguria.
L'emergenza della sanità del presente ma anche del futuro è la mancanza del personale con una vera e propria fuga da alcuni reparti. "Manca il personale sanitario soprattutto i medici, ma anche gli infermieri, il nostro è un Paese che ha investito poco su di loro: in Italia, vado a memoria, ne abbiamo 40 su 100.000 quando ci sono nazioni europee che arrivano a 80-90 su 100.000, è evidente che la cattiva programmazione in quel senso ha indebolito il sistema infermieristico - sottolinea l'assessore Gratarola - "sui medici l'abbiamo detto tante volte, i motivi sono diversi: dalla cattiva programmazione, agli stipendi bassi, passando anche per la conflittualità con l'utenza, spesso verbale e fisica. Tutta una serie di ragioni per le quali c'è un po' la fuga, soprattutto dal mondo dell'emergenza ma vediamo carenze anche in altri settori infatti mancano ginecologi, psichiatri, pediatri, medici di famiglia".
"Se il territorio sarà in grado di dare risposte concrete al cittadino, riusciremo anche a liberare la 'macchina' ospedaliera che finalmente potrà cercare di risolvere le patologie per le quali è stato creato l'ospedale".
Piano sociosanitario '23/'25, maggior investimento da 40 anni
Gratarola, prima di essere nominato assessore alla sanità lo scorso ottobre, ricopriva il ruolo di direttore del dipartimento interaziendale regionale dell'emergenza urgenza e ha gestito l'emergenza Covid. Da rianimatore conosce bene l'ambiente dell'emergenza e sulle barelle in pronto soccorso che spesso rimangono bloccate ha idee molto chiare: "Il problema delle barelle al pronto soccorso è figlio di un fenomeno molto semplice: accanto alla mancanza di risposta terroriale che porta la persona a rivolgersi all'ospedale, dietro quell'affollamento c'è talvolta l'impossibilità a dimettere per mancanza di posti letto per la bassa complessità cioè per chi ha una problema che può essere gestito altrove rispetto ad un pronto soccorso ma non può tornare a casa; affinché una barella si liberi dobbiamo potenziare il territorio, ad esempio con l'ospedale di comunità. Se tutto ciò non verrà fatto dal punto di vista sanitario non falliremo soltanto noi ma l'intero paese, non potremo quindi pensare più al sistema come lo abbiamo visto e apprezzato finora. E non pensiate, come qualcuno dice, che questa sia una manovra per regalare spazi al privato: il privato arruola i medici perché magari li può pagare un po' di più, ma li ingaggia dal nostro stesso ambito. La carenza di medici è oggettiva, non si possono clonare, quindi il problema è che insieme al privato convenzionato, noi dobbiamo fare squadra perché grazie al potenziamento complessivo otterremo risultati soddisfacenti".
IL COMMENTO
"Breathe": la politica ha il dovere di ricordare i giorni del Covid
Il docufilm sul Covid, una lezione per la giunta che deve rifare la sanità