GENOVA - A chiudere il Festival Orientamenti 2023 è stata la testimonianza di Mattia Perin: portiere che nel cuore porta ancora i colori rossoblù, nonostante il suo passaggio alla Juve, ma soprattutto una persona straordinaria che si è concesso alle tante domande dei giovani e dei giovanissimi in una chiacchierata con il conduttore Marco Carrara che ha saputo andare oltre il calcio. Si è parlato di fragilità, di paura, del non arrendersi davanti alle difficoltà, di scelte - anche non facili - di fronte ai bivi che ti mette davanti la vita. Ma il regalo più grande lo ha fatto ai nostri ragazzi in alternanza scuola-lavoro poiché è stato ospite dei nostri studi.
La tua presenza qui testimonia il fatto che il legame con Genova è indissolubile?
Quando mi è arrivata la mail dal presidente Toti non ho potuto fare a meno di accettare immediatamente uno per il posto dove veniva fatta, perché Genova è la culla dei miei sogni. E a proposito di sogni, quindi, non potevo non accettare l'invito ad una manifestazione così bella che raggruppa tanti giovani che hanno voglia di fare, di mettersi in gioco. Ho risposto subito dopo qualche secondo che ci sarei stato.
Hai avuto una carriera bellissima, trionfale, ma anche tormentata da tanti infortuni alla spalla. Come si superano ostacoli come questi per uno sportivo?
Tutti gli infortuni così si superano con la passione e con la voglia di di tornare e dimostrare, in primis a te stesso, che non è finita, che tutti i sacrifici che hai fatto non possono essere messi da parte o nel dimenticatoio. Tutto per un evento che in una vita normale non è nulla, perché alla fine un infortunio nella vita normale non è nulla. Quando ho cominciato a perdere la passione per via dell'infortunio, ho deciso di lavorare su me stesso e questo mi ha aiutato tantissimo per riscoprire l'amore che provo per per lo sport che pratico.
C'è stato un momento della tua carriera in cui hai capito che effettivamente stavi raggiungendo il tuo sogno?
Ho sempre dato per scontato, fin da quando ero giovane - ma non per presunzione perché sono sempre stato un ragazzo abbastanza umile - che ci sarei riuscito e la gratificazione di step dopo step che riuscivo a raggiungere, che accendeva ancora di più il fuoco dentro di me per arrivare allo step successivo. In due momenti ho capito di aver realizzato i miei sogni: l'esordio in Serie A con il Genoa nel lontanissimo ormai maggio 2011 e l'esordio in Nazionale, sempre qui al Ferraris, quindi a casa mia. Praticamente sono state le due tappe che mi hanno fatto capire di aver realizzato il sogno, l'esordio in serie A e l'esordio in Nazionale.
Ti conosciamo benissimo come calciatore, ma come uomo, come persona, c'è una parola o un aggettivo con cui ti auto definiresti?
Curioso. Sono una persona molto curiosa e ho capito che probabilmente è la più grande qualità che mi ha dato l'universo, quindi cerco di coltivarla e di non perderla mai, perché è grazie a questa curiosità e sono migliorato sotto tanti punti di vista e capisco dove andare a cercare le cose che mi permettano di migliorare ulteriormente e poter dare una mano alla mia famiglia, ai miei amici, agli altri.
Hai affrontato il tema della paura con i ragazzi, un bel messaggio. Perché?
La paura è una parte di noi che non ci dobbiamo dimenticare. Secondo me è una grandissima qualità perché la paura permette al coraggio di esistere. Se non ci fosse la paura non esisterebbe neanche il coraggio. È un'emozione che va accettata perché ci rende delle persone migliori e ci rende delle persone molto più competitive di quanto crediamo.
Un consiglio per degli aspiranti giornalisti sportivi da chi sta dall'altra parte del microfono?
Non ci ho mai pensato, è una bella domanda. Non ho mai provato nessun rancore verso i giornalisti perché come noi loro fanno il loro lavoro e quindi cercano di trovare la notizia che fa più scalpore, ma fa parte del loro lavoro, del vostro lavoro. Immagino che in un rapporto di rispetto tra sportivo e giornalista ci debba essere anche il rispetto della professione altrui e probabilmente la cosa che infastidisce di più è quando mettono il dito nella piaga.
In maglia rossoblù qual è il ricordo che tu rivivi con più felicità?
Beh, sono ci sono tantissimi ricordi che che porto dentro di me. Sicuramente le ultime due salvezze senza i tifosi allo stadio mi hanno ferito, un po' perché sarebbero state dei momenti di grandissima emozione allo stadio, che purtroppo non abbiamo potuto vivere insieme. Però se devo il più grande ricordo è stata la vittoria in casa con l'Inter 3 a 2 nell'anno che arrivammo quinti con il gol di Kucka a pochi minuti dalla fine. Ho ancora i brividi dentro di me. Fu roboante l'esultanza dello stadio: quel gol che ci permise di arrivare quinti e mi ricordo ancora il giro di campo alla fine della partita. Sono delle emozioni che ancora rivivo dentro di me, con una gioia tremenda, quindi tremenda nel senso buono della parola. Quindi, probabilmente quello è stato il più grande.