Politica

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C’è a Genova un’ impossibilità fisiologica di dare vita a una destra moderata e illuminata che sia in grado di esprimere un candidato. Questa impossibilità esiste da quando è finita la Democrazia Cristiana, da quando i sindaci storici dello scudocrociato in seguito alla capriola dei socialisti si trovarono dal governo della città all’opposizione.
Era il 1975, e il sindaco era Giancarlo Piombino. Ci fu la scelta del Psi di allearsi col Pci e Fulvio Cerofolini prese il posto di Piombino.
Da allora i candidati moderati hanno avuto scarso successo se si eccettua la parentesi del repubblicano Cesare Campart.
Dunque la conclusione più semplice è affermare che a Genova i cosiddetti moderati non ci sono e se ci sono risultano incapaci di organizzarsi, probabilmente perché divisi da interessi più di bottega che di principi: borghesi di prima fascia, costruttori, imprenditori del porto, professionisti non riescono a esprimere un candidato che possa essere a servizio vero anche della middle class.
Ecco allora il fallimento ampiamente annunciato di candidati dell’ultima ora, come Giancarlo Vinacci e le difficoltà per candidati di estrazione forte come il cattolico-sociale Vinai che certamente ha la chance di una capillare presa sul mondo della solidarietà, ma non ha ancora agganci nella classe media produttiva.
Colpa di questo, la smania autodistruttiva di alcuni capi che sentono solo la necessità di casta di piazzarsi, di mettere il palo e di fortificare un avamposto sul territorio che alla fine non riesce a dare alcun risultato strategico, ma è solo un misero stratagemma personalistico che gli elettori ormai capiscono senza difficoltà