Politica

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I capitani aspettano in gruppo e mandano i gregari in avanscoperta. Quello che sta accadendo alla Spezia, ma forse anche altrove, all’interno del Partito Democratico per gestire la fuga di Matteo Renzi candidato alle primarie, ricorda molto l’evoluzione di un tappone dolomitico, anche se lui, il giro d’Italia, lo ha cominciato in camper.

Vediamo l’esempio spezzino: i leader e i capi corrente (Federici, Caleo, Orlando, Paita) restano affiancati a Bersani, ma molti dei loro fedelissimi si schierano con il sindaco di Firenze distanziandosi a parole dai loro punti di riferimento.

Sembra una strategia, un gioco di squadra: se la fuga di Renzi dovesse arrivare al traguardo (cioè alla candidatura a premier) ci sarebbe un uomo di fiducia di ognuno dei big del partito democratico spezzino che può giocarsi la volata e contare molto nel nuovo Pd.

I renziani dell’ultima ora sono il sindaco di Ameglia Galazzo, vicino a Lella Paita, l’assessore spezzino Mori al suo sindaco Federici, il primo cittadino di Santo Stefano Magra Mazzanti, legatissimo al suo collega sarzanese Caleo, il presidente della Provincia spezzina Fiasella punto di riferimento per l’onorevole Andrea Orlando.

Insomma sembra un bel tappone di montagna o, se preferite, una partita a scacchi. Il problema è che in realtà, in ballo, ci dovrebbe essere il futuro del paese, la scelta di un candidato premier piuttosto che un altro sulla base di programmi e valori.

Ma nei partiti e nelle correnti la priorità sembra ancora la ricerca e la gestione del potere, attraverso strategie che vanno oltre le idee e gli ideali.

E a Renzi il rottamatore sembra che vada bene così. Roba da maglia nera. Peccato.