Cronaca

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Un tesoro di mille anfore negli 'abissi' a poca distanza da Porto Venere: è quello svelato oggi pomeriggio a margine della firma che ha suggellato la nascita del Polo culturale di Porto Venere. Per la prima volta sono stati proiettati in pubblico i filmati relativi al ritrovamento del relitto della nave romana scoperta a 17 miglia a sud dell'isola del Tino dal robot sottomarino 'Pluto Palla' dell'ingegnere-archeologo subacqueo Guido Gai. Là, su un fondale di 400 metri circa, giace il 'tesoro', una distesa di anfore romane in terracotta, testimonianza dei traffici navali risalenti all'età Repubblicana (IV-III secolo avanti Cristo).

"Si tratta di anfore cosiddette greco- italiche, presumibilmente prodotte nell'area laziale e destinate, col loro carico di vino, in Gallia" ha detto il soprintendente ai Beni Archeologici della Liguria, Bruno Massabò. Una scoperta particolarmente importante - ha spiegato - non solo per il valore archeologico del sito ma per le prospettive aperte dal metodo investigativo adottato per esplorare aree marine profonde, finora inaccessibili, consentendo inoltre di approfondire la conoscenza delle rotte antiche d'altura.

Grazie alla sofisticata tecnologia messa a punto dall'ingegner Gai si spera di giungere nel prossimo futuro ad una mappatura dei relitti antichi nelle aree marine profonde del Mar Ligure. "Purtroppo molte anfore sono state ridotte a frammenti per effetto del passaggio distruttivo delle reti a strascico - ha detto l'ingegner Gai -. Quelle anfore costituiscono un habitat ideale per gamberi e granchi, e chi fa quella pesca avrà colto le sue potenzialità". Sono allo studio forme di tutela per evitare la dispersione del patrimonio.