Il governo non vuole la cessione di Ansaldo Energia. Secondo quanto risulta a Primocanale, questa posizione – esplicitamente espressa dal ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato – si sarebbe rafforzata anche negli orientamenti del premier Enrico Letta proprio dopo la sua visita a Genova, lo scorso 30 agosto, in occasione della festa nazionale del Pd. A spingerlo in quella direzione sono stati anche gli incontri avuti con le istituzioni locali, con l’arcivescovo della città e presidente della Cei Angelo Bagnasco e con alcuni esponenti sindacali. Tutti, a cominciare dai principali rappresentanti del suo partito, si sono dichiarati ostili alla vendita dell’azienda da parte di Finmeccanica e Letta, quindi, vuole evitare una decisione che ritiene sarebbe interpretata come <<uno schiaffo alla città>> e anche al mondo imprenditoriale, considerando che l’amministratore delegato di Ansaldo, Giuseppe Zampini, è il presidente di Confindustria Genova ed è da sempre schierato contro la dismissione.
Il capo del governo, tuttavia, ha ben presente che le necessità, strategico-industriali e prim’ancora finanziarie, di Alessandro Pansa, amministratore delegato di Finmeccanica, sono reali e dunque vuol tentare di coniugare la non-vendita con i piani di risanamento e crescita della holding di Piazza Montegrappa. Come? Gli uffici sono al lavoro e quale prima ipotesi è stata riesumata la possibilità di far intervenire nel dossier il Fondo strategico italiano – controllato dalla Cassa depositi e prestiti – rilanciando dunque il progetto che a suo tempo aveva portato in campo anche Fondazione e Banca Carige oltre ad una serie di investitori italiani dell’area veneto-bresciana. A quei tempi sulla tolda di comando sedeva ancora Giuseppe Orsi, poi travolto dall’inchiesta giudiziaria per l’affaire degli elicotteri in India, e oggi quell’architettura (una newco variamente partecipata) sembra difficile, se non impossibile, da riprendere. Si starebbero studiando soluzioni diverse, quindi, con il presupposto che la leva principale debba essere il Fondo strategico, ma senza escludere un intervento diretto di Cassa depositi.
La quadratura non è semplice. E gli interessi nazionali in ballo sono notevoli. Da una parte la volontà di preservare l’italianità di un’azienda che opera in un settore strategico, quello dell’energia, in particolare con la produzione di turbine e una specializzazione sia nel decomissioning nucleare sia nella costruzione di nuove centrali atomiche. Dall’altra la necessità di Finmeccanica di incassare denaro fresco e di concentrarsi nell’aerospazio & difesa, anche nella prospettiva – come a più riprese ha osservato Pansa - <<di non farsi trovare impreparati a quel processo di consolidamento europeo del settore che per nostra fortuna non si è concretizzato all’epoca dell’ipotizzata fusione fra Eads e Bae Systems che ci avrebbe tagliato fuori>>. Non c’è dubbio, però, che il mercato vada in quella direzione e che la visione industriale di Pansa (domenica ospite alla festa Pd con il sottosegretario alla Difesa Roberta Pinotti) sia corretta. Non a caso, in un’ottica di razionalizzazione interna ma anche di prospettiva continentale, sono state recentemente ristrutturate in modo radicale le attività nell’elettronica per la difesa, con la fusione di Selex Elsag, Selex sistemi integrati e Selex Galileo nella nuova Selex Es.
Per il civile, così, torna di moda quella che a suo tempo fu definita Finmeccanica 2, cioè un gruppo nel quale confluiscano le aziende “non core” di Piazza Montegrappa. Ansaldo Energia ed eventualmente Ansaldo Sts (trasporti e segnalamento ferroviario, quotata in Borsa) non sarebbero un problema, poiché entrambe hanno i conti in positivo, ma come regolarsi con Ansaldo Breda, che invece perde mediamente 300 milioni all’anno? Includendo nel progetto l’azienda trasportistica toscana, Finmeccanica 2 partirebbe pesantemente zavorrata, con evidenti rischi di tenuta già nel breve periodo. Per questa ragione è possibile che il governo decida di muoversi in due tempi. Il primo passo sarebbe quello di blindare Ansaldo Energia e resta da vedere se ciò possa avvenire coinvolgendo la coreana Doosan, con la quale il negoziato per la cessione è avanzatissimo, fermo restando che la stessa Finmeccanica potrebbe comunque conservare una partecipazione (da una chip del 3-5% fino a una del 20-25%). Solo successivamente, invece, il processo potrebbe essere ampliato, creando un raggruppamento tricolore che oltre alle ex attività civili di Finmeccanica potrebbe comprenderne anche altre, fuori dal perimetro della holding. Prima, però, andrà trovata una soluzione “esterna” al caso Breda.
economia
Il governo blinda Ansaldo Energia, torna l'ipotesi Finmeccanica 2
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