Bisogno di stabilità, ragion di Stato, voglia di non buttare via i sacrifici di due anni lacrime e sangue: c’è certamente tutto questo nella testa dei parlamentari Pdl che, alla fine, potrebbero decidere di non presentare le dimissioni, come ha chiesto loro Berlusconi, e garantire la sopravvivenza della maggioranza (e di conseguenza del governo Letta). C’è tutto questo, ma forse anche altro.
Secondo Sandro Biasotti, che le sue dimissioni le ha già presentate ("usando il fac-simile, per fare prima" spiega) l'altro che può condizionare la decisione finale è la proverbiale poltrona, alla quale, anche nel centrodestra, molti, inutile negarlo, sono altrettanto proverbialmente attaccati. “Io se torno a casa faccio l’imprenditore, ma qualcuno se consegna le dimissioni non ha un lavoro”, osserva il deputato ligure, ormai iscrittosi a pieno titolo nella fazione dei "falchi". Insomma: va bene la fedeltà a Berlusconi, ma dimettersi vorrebbe dire rinunciare al seggio e mica tutti hanno un’azienda da mandare avanti. "Ci sono dei parlamentari Pdl pronti a tradire”, garantisce Biasotti.
Se accadesse, saremmo al paradosso: alla fine la stabilità potrebbe non essere una chimera grazie alle famigerate poltrone romane e agli altrettanti fondoschiena con ben poca voglia di abbandonarle. Non la ragione più nobile, è vero, ma viste le condizioni in cui versa il Paese, a Genova si direbbe: “Meggiu che ninte”.
politica
E alla fine Letta lo salveranno le poltrone romane
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