economia

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E’ cominciata malissimo, con l’ex presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, che a tutti i costi voleva venderla alla Siemens.

La storia di Ansaldo Energia, però, ha avuto un lieto fine, perché l’azienda genovese guidata da Giuseppe Zampini rimarrà sotto il cappello di una proprietà italiana. Venerdì scorso, infatti, Finmeccanica, che rimarrà azionista con una quota del 15%, ha accettato l’offerta del Fondo strategico, braccio operativo di Cassa depositi e prestiti, per cedere l’85% del capitale di Ansaldo Energia. Né tedeschi, dunque, né coreani, anche se l’asiatica Doosan rimane in pole position per diventare il partner industriale. Potrebbe cioè acquisire un pacchetto di titoli intorno al 45%, quelli lasciati liberi dall’uscita del fondo americano First Reserve: secondo un memorandum siglato sempre venerdì, infatti, Doosan, che ha a lungo negoziato l’acquisizione di Ansaldo Energia, sarà l’interlocutore principale del Fondo strategico. Per il settore ferroviario, nello specifico Ansaldo Sts, è stato invece concordato che sarà la stessa Finmeccanica a trattare un’eventuale partnership.

E’ il secondo tempo della complessa operazione che, alla fine, nell’arco di due-tre anni, dovrebbe portare alla nascita di Ansaldo Italia, un nuovo gruppo attivo nell’energia e nei trasporti con uno dei marchi industriali più conosciuti e apprezzati al mondo e che appartiene alla storia migliore del manifatturiero genovese e italiano. Il primo passo verso un disegno di più ampio respiro è stato dunque compiuto.

Ma, appunto, è solo un primo passo. Il governo, superati i perigliosi mari della fiducia-non-fiducia dei giorni scorsi, ora deve saper fare di Ansaldo Energia il caso simbolo di una nuova, vigorosa e strategica politica industriale.

A Genova, in Liguria e in tutto il Paese ci sono tante altre vicende che attendono un lieto fine. Affinché l’Azienda Italia torni a macinare ricavi, profitti, occupazione e crescita economica.