cronaca

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Sono giornate nere per i genovesi, rimasti a piedi, e per Genova, rimasta priva di una rappresentanza politica degna di questo nome. Il no alla privatizzazione di Amt e delle societa' controllate (dal Comune) e' stato urlato dai lavoratori controllati (dai sindacati) che hanno imposto uno sciopero selvaggio. I soli a non essere controllati sono i biglietti su autobus e metropolitana, quella genovese unica con i tornelli finti.


Cosi' dopo aver assistito a spintoni, insulti e cori da stadio in un'aula invasa da autotranvieri e operai specializzati (molti dei quali verosimilmente impiegati negli uffici delle suddette societa'), i politici genovesi, inizialmente silenti, hanno preso coraggio e diffuso i loro comunicati: hanno parlato di attacco alle istituzioni, di presidio della democrazia minato da episodi eversivi, di una ferita difficile da sanare.


Ancora una volta hanno pensato alle loro amate poltrone, quelle di un Consiglio Comunale che a dire il vero non riesce a far altro che discutere di regolamenti su parchi comunali e di votare mozioni per dare solidarieta' ai paesi del quarto mondo. Invece quando c'e' da prendere una decisione seria, in un senso o nell'altro, non decidono, non sanno decidere, perche' sotto scacco di un gruppo di potere più forte di loro. Anche il sindaco e' sotto scacco: non sa che dire, non ha spazio di manovra, non puo' parlare dallo scranno dell'assemblea cittadina. I consiglieri e gli assessori assistono inermi alla presa della sala rossa. E cosi' i politici, orbi segretari di partito che hanno parlato di attacco alla democrazia, dimenticano che i veri ostaggi in questa triste giornata non sono stati lorsignori del Consiglio Comunale, ma i genovesi.


Ostaggi dei lavoratori che hanno ignorato precetti e prefetti lasciando tutti a piedi, ma soprattutto ostaggi di una politica del non fare e del non potere, di una giunta assente e logorata dalla sua inoperosita'. E' proprio vero: il potere logora chi non ce l'ha e a Genova si sente la mancanza di poteri forti (nel senso di capaci) e di una politica – e di politici – degna di questo nome.