economia

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«Da Genova a Milano è giusto che le merci vadano in camion, perché sono 150 chilometri. In nessun altro Paese al mondo per fare 150 chilometri si va con le ferrovie». Il copyright di questa affermazione è di Mauro Moretti, amministratore delegato di Trenitalia.

Parole pronunciate la scorsa settimana durante un convegno a Milano e che hanno provocato, diluite nell’arco di alcuni giorni, una serie di stizzite reazioni soprattutto in Liguria. Perché quell’affermazione è risuonata come un siluro scagliato contro il Terzo valico, appunto la direttissima ferroviaria Genova-Milano che dovrà ridurre i tempi di percorrenza sia dei passeggeri, sia delle merci.

Francamente, stupisce lo stupore. Dov’è la novità in quella posizione di Moretti? A parte una primissima fase, il numero uno di Trenitalia è apertamente ostile all’opera, secondo valutazioni che sono rispettabili, seppur non condivisibili. Tralasciando il fatto che meno camion circolano e meglio è per l’ambiente, c’è una ragione su tutte: la proiezione delle grandi infrastrutture non è di cinque o dieci anni, ma va considerata nell’arco di decenni (persino di secoli se guardiamo alla linea ferroviaria a binario unico del ponente ligure), cioè ben oltre l’orizzonte che un manager si pone portando avanti il proprio lavoro.

Moretti è il gestore di un’importante azienda di Stato che viene nominato dal governo pro tempore e ha un incarico pro tempore, seppur rinnovato e rinnovabile. Ha l’obbligo di condurre la società nel miglior modo possibile, e Moretti lo fa, e possiede anche il diritto/dovere di fornire indicazioni strategiche per il settore di cui si occupa. Moretti fa anche questo e nel farlo può capitare che la sua visione delle cose sia diversa rispetto al suo azionista di riferimento. Esattamente come accade per il Terzo valico. In questi casi, però, fra il manager scelto dalla politica e la politica, a prevalere è, e dev’essere, quest’ultima. Chiaro, semplice e lineare. Difatti, nonostante i dubbi dell’amministratore delegato di Trenitalia (epico il suo scontro durante un convegno a Genova con l’allora governatore ligure Sandro Biasotti, verso il quale sbottò: “E allora fatevelo voi”), pur fra mille difficoltà, ritardi e tira e molla, il Terzo valico ha compiuto qualche timido passo in avanti.

Rimangono i soliti problemi legati ai finanziamenti, ma non può essere la posizione ben conosciuta di Moretti a rimettere in discussione tutto. Se il suo pensiero non ha avuto la forza di prevalere quando certe scelte sono state compiute, perché dovrebbe averla adesso? A meno che non sia la politica a volersi tirare indietro. Se questa fosse la volontà del neonato governo di Matteo Renzi, si potrebbe coltivare il retropensiero che Moretti sia stato mandato in avanscoperta, a pronunciare parole che non gli costano fatica – lui sembra vederla proprio così – ma che potrebbero essere utilmente strumentalizzate per fermare il Terzo valico.

L’esperienza, tuttavia, insegna che quando vogliono mandare al massacro un progetto, i Palazzi romani non hanno bisogno di intermediazioni quali le frasi in libertà, o “su commissione”, di un manager pubblico. Sanno benissimo fare da soli. Come Genova e la Liguria hanno potuto sperimentare sulla propria pelle. Più che di mettere la sordina a Moretti, allora, le istituzioni e gli operatori locali si preoccupino che nell’esecutivo non ci siano dei ripensamenti su un investimento il cui interesse, peraltro, oltrepassa ampiamente gli angusti di una singola, piccola regione. Ma il rischio non sembra esistere, poiché un autorevole esponente del governo, il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, interpellato da Primocanale si incarica di tagliare la testa al toro, rispondendo egli stesso a Moretti: “Bisogna smetterla di dire se un’opera finanziata sia utile o no. Lo Stato ha deciso e semmai ora si tratta di vincere la sfida della realizzazione”. Amen.