
Lunardon, come Marco Melgrati e Maurizio Torterolo, capigruppo in Regione rispettivamente di Forza Italia e Lega Nord, ha convenuto inoltre con la richiesta lanciata e ribadita dal consigliere Ezio Chiesa: “Sulla riforma, chiamare in audizione in Commissione il Movimento 5 Stelle e Liguria Civica è un atto di sensibilità istituzionale oltre che di democrazia. Tanto più che si parla di un provvedimento che inciderà sul futuro”.
Non sono mancati, inoltre, momenti di tensione, pur stemperata dal fair play, su un tema caldo della riforma: l’abolizione del listino. Tutti sono concordi ed è una norma prevista in tutte le proposte di legge attualmente presentate – quattro – e in quella avanzata da Liguria Civica. Ma Melgrati ha detto chiaro e tondo che “nel Pd ci sono forze che solo a parole dicono di volere la riforma e in particolare l’abolizione del listino, ma in realtà lavorano sotto traccia affinché nulla si modifichi, avendo promesso posti a destra e a manca. L’esempio di Massimo Donzella, partito dalla Dc e, poi, dal Pdl, per finire al Pd è la dimostrazione di quale distorsione sia stata prodotta da quello strumento”.
Durissimo anche Torterolo, secondo il quale “c’è in corso un tentativo, per ora fatto solo di voci, di far rientrare dalla finestra ciò che si fa uscire dalla porta. Mi riferisco all’ipotesi di una proposta in base alla quale potrebbero essere esterni tutti i futuri assessori regionali. Questo significherebbe introdurre un listino mascherato. Una cosa è se ci sono un paio di assessori reclutati dalla società civile perché le loro caratteristiche specifiche e le loro competenze non si ritrovano fra gli eletti, altro immaginare una simile ‘pesca di beneficenza’ utile solo a garantire poltrone promesse per farsi appoggiare elettoralmente”.
Lunardon ha respinto al mittente sia le affermazioni di Melgrati sia le allusioni di Torterolo, tuttavia ha definito “una porcata” il listino e ha anche assicurato: “Noi sulla riforma ci saremo tutti”. A quel punto, così, è scattata la conta, suggerita dal conduttore Luigi Leone: “Tra Pd, Forza Italia e Lega siamo già a 24 consiglieri. Ne mancano solo tre per raggiungere la soglia dei due terzi, necessaria a varare la nuova legge elettorale. Impensabile, con le affermazioni già fatte dal Nuovo centrodestra o da altri consiglieri regionali, che non si trovino altri tre voti”.
Ma a questa possibilità ha risposto con scetticismo Giambattista Petrella, rappresentante di Liguria Civica ed estensore della proposta di riforma. “Già un anno fa il provvedimento era considerato una priorità, ma siamo ancora a quel punto. Ho dei dubbi che da qui alla tornata elettorale riesca a prendere il sopravvento chi la riforma la vuole davvero, anche se naturalmente me lo auguro”. Poi, entrando nel merito del documento di Liguria Civica, Petrella ha aggiunto: “La nostra proposta è una sintesi fra la bozza del Pd e quella di Forza Italia. Prevediamo un premio di maggioranza che assegni al vincitore 18 seggi (come il Pd, FI si ferma a 16 ndr), degli sbarramenti per entrare in consiglio (il Pd non li prevede, FI sì ndr) e il ballottaggio nel caso un candidato non raggiunga subito la maggioranza dei voti (come FI, mentre il Pd non la indica). Se, come sembra emergere dal confronto televisivo, le distanze non sono così incolmabili, i partiti si diano una mossa. Ma i tempi sono stretti”.
Petrella ha poi rilevato come la bozza del suo movimento agganci alla riforma elettorale anche una revisione “profonda” della spesa per il funzionamento della Regione Liguria: “Bisogna riunificare il bilancio della giunta e quello dell’assemblea, perché dal 2006 ha prodotto un incremento enorme dei costi. Inoltre occorre ridurre il numero dei gruppi consiliari, che oggi possono essere composti da due e persino, in casi eccezionali, da un solo consigliere, e rivedere in profondità, in alcuni casi azzerandole, le attuali loro capacità di spesa”.
Ovvio, in questo caso, il riferimento allo scandalo “spese pazze” che ha prodotto arresti e oltre dieci indagati. Petrella, poi, ha insistito sull’esigenza di “equiparare gli emolumenti ai consiglieri a quello del sindaco della città capoluogo, come peraltro prevede una imminente norma nazionale”. Sul punto lo stesso Lunardon ha chiosato: “Ecco la classica situazione di un’occasione che si rischia di perdere. Poiché la norma sull’equiparazione consiglieri regionali-sindaci arriverà, tanto farla subito e andare così incontro alle attese dei cittadini. Perché la questione delle “spese pazze” ha molto pesato sull’immagine delle Regioni e non può essere liquidata con delle battute”. C’è solo un problema: Lunardon è sì il segretario regionale del Pd, ma non siede in consiglio regionale. Quindi può usare solo la forza della “moral suasion”, ma non può assumere iniziative dirette.
IL COMMENTO
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