cronaca

Verifiche su un prestito da 500mila euro senza ipoteche
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Il procuratore capo Di Lecce butta acqua sul fuoco da quando la notizia sulle vicende del papà di Matteo Renzi in Liguria è uscita sulle agenzie: "Le inchieste sui fallimenti richiedono una proroga delle indagini, con approfonditi accertamenti". In ogni caso la vendita delle quote della Chill Post non rappresenta l'unico elemento anomalo per i magistrati.

Tra chi aveva più crediti da esigere in questa storia è il Credito Cooperativo di Pontassieve, un piccolo istituto di credito che nel 2010. Secondo un dirigente dell’istituto, aveva concesso un mutuo da mezzo milione di euro a un'azienda che opera nella provincia di Genova, che già all'epoca si trovava in difficoltà. Condizioni non impossibili quelle poste dalla banca ma nonostante questo alla Chill Post la situazione non era tranquilla.

Nell’ottobre del 2010, come ricostruisce il Corriere della Sera, Tiziano Renzi cede per la cifra in apparenza simbolica di 3.878 euro l’unico ramo d’azienda produttivo e in attività, la distribuzione dei giornali in Liguria, all’azienda di famiglia presieduta da Laura Bovoli, sua moglie.Nonostante l'esposizione però non è il Credito Cooperativo di Pontassieve che chiede il fallimento della Chill Post. A farlo sono  Asti Asfalti e Mirò Immobiliare, creditori rispettivamente 228.648 e 178mila euro. L’istituto toscano chiese solo successivamente di rivalersi sui responsabili del fallimento.

Il presidente del Credito Cooperativo di Pontassieve, in carica dal 2010, è il quarantenne Matteo Spanò, amico del premier e suo uomo di fiducia e questo ha attratto l'attenzione dei magistrati. Le altre verifiche svolte finora dalla Procura hanno definito la marginalità avuta in questa vicenda da Gianfranco Massone, l’imprenditore piemontese residente a Varazze che ha rilevato da Tiziano Renzi quello che rimaneva della Chill Post ma a essere indagato è invece suo figlio Mariano un personaggio che ricorre spesso nelle vicende liguri di Tiziano Renzi.

LA VICENDA - Nel 2013 la procura di Genova ha iniziato le indagini sul fallimento della Chil Spot, società di distribuzione di giornali. La società è stata intestata tra il 1999 e il 2004 a Matteo Renzi e alle sue sorelle, mentre nel periodo successivo direttamente al paadre del Premier, Tiziano. Nel 2010 la Chil Spot, che ormai era poco più che una scatola vuota avviata verso il fallimento, è stata ceduta a Gianfranco Massone, un venditore ambulante ligure.

L'AVVISO DI GARANZIA -
Nella giornata di ieri, il procuratore aggiunto Nicola Piacente e il sostituto procuratore Marco Airoldi hanno chiesto la proroga delle indagini. Con essa sono scattati contestualmente gli avvisi di garanzia per Tiziano Renzi, Gianfranco Massone e Antonello Gabelli, quest'ultimo ex amministratore Della Chil Spot. Il capo d'accusa è di bancarotta fraudolenta.

IL FINANZIAMENTO - Nelle ultime ore è emerso che il principale creditore della Chil Spot fosse il Credito Cooperativo di Pontassieve, paese adottivo di Matteo Renzi e istituto nel quale siede un amico d'infanzia del premier, Matteo Spannò. La banca avrebbe erogato un prestito da 500mila euro alla Chil Spot senza ipoteche. Il mancato rientro da questo finanziamento sarebbe uno degli elementi che ha portato al capo d'accusa di bancarotta fraudolenta.

REAZIONE DEL PREMIER - Interpellato sulla vicenda, Matteo Renzi ha risposto di essere molto sereno. "Nessun complotto, nessuna giustizia a orologeria", questa la replica del presidente del Consiglio a chi ipotizzava che l'avviso di garanzia al padre fosse una ritorsione dei magitrati per una riforma della giustizia non gradita.