
Questa storia è ambientata a metà del ‘600. All’epoca, viveva a Genova tal Stefano Raggi, appartenente a una delle famiglie più ricche e potenti della città. Stefano aveva un pessimo carattere: estremamente permaloso, era spesso coinvolto in risse di strada. Questa sue focosità gli creò non pochi nemici e lo costrinse a girare con alcuni scagnozzi armati.
La polizia si mise presto sulle sue tracce a causa dei continui disordini che provocava in città. Appresa la notizia, Stefano si rifugiò sul campanile della chiesa di San Donato, che era vicina a casa sua. Dalla cima della torre, Stefano colpiva con l’archibugio chiunque tentasse di salire per arrestarlo. Questo arrocco permise a Stefano di farla franca.
Ma i guai per il facoltoso uomo genovese erano tutt’altro che finiti. Qualche anno dopo, suo figlio venne messo al bando, nonostante lo sforzo diplomatico di Stefano per evitarlo. L’animo focoso lo portò allora a intraprendere una strada piena d’insidie. Stefano iniziò a criticare aspramente il doge Giacomo De Franchi e il suo operato. Le forze dell’ordine, che non attendevano altro che un passo falso dell’uomo per arrestarlo, lo accusarono di cospirazione e lo arrestarono nel sonno.
Stefano Raggi fu condotto a palazzo Ducale e gli venne chiesto di giustificarsi di fronte a quelle accuse infamanti. Tentò di discolparsi in ogni modo, ma non ci riuscì.
Conscio del destino ineluttabile che lo attendeva, Stefano si fece portare in prigione un coltello dalla moglie, che ebbe cura di nasconderlo all’interno di un crocefisso.
Stefano si tolse la vita in un lago di sangue. Ma questo gesto non bastò a saziare lo spirito di rivalsa dei suoi carcerieri. Il corpo di Stefano Raggi venne esposto accanto al Palazzetto criminale. Fu condannato per il crimine di lesa Maestà, furono banditi i figli maschi e la sua famiglia fu privata della nobiltà. Vennero confiscati tutti i suoi beni e casa fu rasa al suolo. Al suo posto venne eretta una colonna infame.
Si dice che Stefano Raggi non abbia mai abbandonato il campanile della Chiesa di San Donato sul quale si era rifugiato in vita. Alcuni giurano di aver avvistato, nelle sere d’autunno, un uomo alto con indosso una tunica di seta rossa: il fantasma di Stefano Raggi.
IL COMMENTO
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