L’uomo che voleva scardinare le regole per rinnovare il Paese, in Liguria impicca il partito che comanda alle regole. Le sue, naturalmente. E quindi: siccome nelle altre regioni il Pd terrà le primarie entro il mese di dicembre, anche alle latitudini liguri non si può sfuggire alla “regola”. La data? Il 21 dicembre. Lorenzo Guerini, il vicesegretario nazionale dei democratici, il luogotenente di Matteo Renzi nel tenere le briglie ben tese, non ha sentito ragioni. Totalmente indifferente al fatto che Genova stia ancora spalando il fango indurito dell’alluvione abbattutasi sulla città nella tragica notte fra il 9 e il 10 ottobre, portandosi via, con oltre 2.000 attività imprenditoriali e decine di abitazioni, anche una vita umana. E provocando danni stimati, per ora, in circa 300 milioni.
In questi casi si è portati a dire che hanno prevalso le ragioni di bottega. Di sicuro non quelli della “ditta”, come la chiama Pierluigi Bersani. Ma a ben vedere neppure quelli dei bottegai. Se Raffaella Paita e i suoi sostenitori, a cominciare dal governatore uscente Claudio Burlando, credono di guadagnarci da questa accelerazione potrebbero scoprire di aver sbagliato i calcoli. Sono parti direttamente in causa, il presidente della Regione e l’assessora con delega alla Protezione civile, quindi un po’ di tempo in più avrebbe giovato loro, per provare a presentarsi al popolo delle primarie con in mano qualcosa di concretamente fatto. Il che dimostra quanto strumentale fosse la loro posizione, quando affermavano che l’ipotesi di ritardare l’appuntamento servisse solo a trovare un antagonista in grado di sconfiggere la Paita.
Il pericolo principale la “delfina” di Burlando lo corre non perché posa arrivare questo o quell’avversario, bensì perché non si spegnerà l’eco delle parole pronunciate dal prefetto Franco Gabrielli mercoledì, durante l’audizione al Senato.
Senza giri di parole, Gabrielli ha definito la Regione Liguria “inadeguata” di fronte alla catastrofe e l’ha accusata esplicitamente di aver chiesto il suo aiuto “solo alla domenica”, cioè con due giorni di ritardo. Lorenzo Guerini e i sostenitori della “regola” per cui le primarie devono tenersi entro il 31 dicembre, dunque, mostrano non solo indifferenza verso le ferite ancora aperte della città alluvionata, ma non tengono in alcun conto quanto affermato dal capo della Protezione civile. Che chiamano a precise responsabilità, per ruolo e attribuzioni, sia Burlando sia Paita.
Peraltro, in realtà qui non è più un problema di chi sarà o saranno i candidati, qui la questione investe il Partito democratico nella sua interezza. Come ha avuto modo di dire ragionevolmente il segretario provinciale Alessandro Terrile e come hanno urlato i segretari dei circoli, soprattutto di quelli presenti nell’area più duramente colpita dall’alluvione, “con che faccia ci presentiamo alla gente chiedendole di votare, e di darci pure due euro, quando non possiamo chiamarci fuori da quanto accaduto e mentre stiamo affannosamente cercando di dare delle risposte all’emergenza?”.
Il punto è esattamente questo e difatti si può convenire con quanto Guerini avrebbe detto, secondo alcune fonti, durante il vertice genovese: “L’alluvione c’è stata e venti-trenta giorni in più o in meno non spostano la situazione”. Difatti, la scelta più ovvia e coraggiosa sarebbe stata quella di non farle proprio, le primarie, di restituire al partito – nazionale e locale – la capacità di assumersi l’onore e l’onere di scegliere un candidato che voltasse pagina, come dice Renzi, nel segno del più totale rinnovamento. E’ questo che si aspetterebbero i liguri e i genovesi, che hanno bisogno di un interlocutore – il candidato governatore – e di un ente – la Regione – che abbiano credibilità e nessuna compromissione con il passato.
In Liguria, invece, il Pd ha deciso di andare avanti secondo lo schema che ripropone la ritualità delle primarie come qualcosa di intoccabile di fronte a qualsiasi evento, senza considerare nessuna delle variabili in campo. E dire che il disastro ne propone molte. Non ultima l’inchiesta giudiziaria. La Procura della Repubblica genovese ha raccolto una massa enorme di materiale – anche parte della lunga diretta di Primocanale – e si accinge a valutare tutta la vicenda nel suo insieme, declinando poi gli accertamenti alla luce delle singole responsabilità operative.
Sono già cominciati gli interrogatori e per ora chi è stato interrogato era nella veste di “persona informata dei fatti”. Testimoni, come si diceva una volta. Però, nel Pd sono tutti così affaccendati in altre faccende, che nessuno – o pochissimi e inascoltati – si è posto una domanda: e se da qui a marzo arrivassero degli avvisi di garanzia? E se, putacaso, fra gli indagati ci fosse anche il candidato uscito vincitore dalle primarie?
Raffaella Paita è esattamente in queste due potenziali condizioni. L’assessora faccia tutti gli scongiuri del caso e nel farlo sappia di trovare qui piena solidarietà, perché le questioni politiche, quando non tracimano nella calunnia o nelle minacce, non si dirimono per via giudiziaria. Ma i fatti sono questi. E allora: nella peggiore delle ipotesi, il Pd ha valutato quale assist verrebbe servito al centrodestra, al Movimento 5 Stelle e a chiunque altro decidesse di partecipare alla contesa elettorale della primavera prossima?
Nella circostanza nessuno avrebbe il minimo diritto di parlare di “inchiesta a orologeria”: le indagini sono scattate in epoca non sospetta e il partito non può dichiararsi inconsapevole delle loro evoluzioni potenzialmente pericolose nell’ottica di una contesa elettorale. Cosa che per il Pd ha valore chiunque possa ritrovarsi eventualmente indagato. Se gli esponenti politici uscissero indenni, ma fossero invece “avvisati” tecnici, funzionari o dirigenti della Regione e/o del Comune, il democratici non potrebbero comunque chiamarsi fuori, avendo il personale politico del Pd scelto o incaricato quei tecnici, quei funzionari, quei dirigenti. Tutto ciò, e quant’altro ancora si potrebbe dire, non vale nulla, però.
Il luogotenente di Renzi ha spiegato che la “regola” delle primarie entro il mese di dicembre vale sopra ogni cosa. Più dell’alluvione. Più del rischio di perdere le elezioni di primavera. Sarà che, alla fin fine, di questa Liguria al Pd romano interessi poco o niente?
politica
Avanti primarie, il Pd ignora l'alluvione
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