cronaca

Chiavari al lavoro per cancellare i segni del dramma
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Sembra ormai lontano il giorno in cui Chiavari è stata colpita dall’alluvione. Dal momento in cui il fiume Rupinaro è esondato i cittadini hanno dovuto affrontare uno dei capitoli più neri della storia della loro città, e lo hanno dovuto fare sporcandosi le mani di fango. Cantine allagate, automobili sott’acqua, giardini distrutti; questo è il prezzo che più o meno tutti hanno dovuto pagare. Chi ha risentito di più di questo disastro sono però i piccoli imprenditori e i loro negozi adiacenti alla strada. Le attività in questione, specie quelle in centro, hanno riportato conseguenze devastanti.

“Abbiamo avuto danni sia materiali che strutturali. Purtroppo non c’è niente da fare: quando arriva un’alluvione porta dei problemi sotto tutti gli aspetti”. Gregorio Frezza vive e lavora in un ristorante fin dalla sua inaugurazione nel 1996. Col tempo questo locale è diventato una vera e propria istituzione nell’ambiente chiavarese e la prova più lampante è data dal numero di aiuti ricevuti dopo l’alluvione: “Amici, clienti, e anche sconosciuti si sono presentati per darci una mano a recuperare tavoli, togliere fango e risollevare i frighi che si erano ribaltati. Ovviamente questa solidarietà ci ha fatto piacere. Abbiamo lavorato una settimana di seguito senza mai fermarci. Siamo riusciti a riaprire per tornare a dare un servizio a Chiavari e per cercare di recuperare i costi di un disastro di questa entità”.

Ancora più amaro è il tono di voce di Ildo Girotti, titolare di un negozio di abbigliamento, in via Martiri della Liberazione, una delle zone più colpite della città. “Stiamo ancora quantificando i danni, apparentemente il negozio adesso è normale a vedersi, in realtà finita la stagione dovremo intervenire sul pavimento e sui muri per non parlare delle cose che invece sono irrecuperabili. Abbiamo tre magazzini in Via Doria che si sono allagati e centinaia di pezzi sono andati distrutti. Il sostegno di amici e volontari ci ha permesso di affrontare un po’ meglio questa situazione disastrosa. L’alluvione che ha colpito Chiavari nel 2002 non regge il confronto con quella del 10 novembre”.

E’ stato più fortunato Fabrizio Leo, titolare di un bar, che parlando dello scenario del dopo alluvionale guarda il cielo e commenta: “Per fortuna quella sera eravamo chiusi. Saracinesca e vetrine erano serrate e hanno tenuto. Abbiamo degli scarichi a terra e questo ha fatto in modo che la poca acqua entrata dentro sia poi defluita. L’unico disagio è stato il dover chiudere per alcuni giorni, ma ha prevalso la paura di tenere aperto il bar nei giorni successivi con l’allerta meteo. Il fiume è a 100 metri in linea d’aria”.Apprezzabile infine l’iniziativa presa dal bar la domenica dopo l’alluvione: “Per esorcizzare quei giorni difficili e per pensare per qualche ora ad altro ho deciso di offrire una spaghettata a tutti i clienti. E’ stata una bella serata, c’era tanta voglia di tornare alla normalità”. A Chiavari e ai suoi cittadini non si può augurare niente di meglio, insieme all'arrivo di risorse che sembrano non materializzarsi mai.