
Oggi davanti alla corte di Assise di Genova presieduta dal giudice Massimo Cusatti settima udienza del processo per l'omicidio di Nada Cella, la segretaria di 24 anni uccisa nello studio del commercialista di Chiavari dove lavorava il 6 maggio del 1996. Un'udienza in cui, come nelle precedenti, il pm Gabriella Dotto cercherà di spiegare perché la presunta assassina, Anna Lucia Cecere, ha ucciso la ragazza.
Donna violenta e irascibile
Per farlo in aula compariranno più testi che sveleranno la personalità dell'imputata, a dire degli inquirenti, nervosa e violenta, una donna, Anna Lucia Cecere, che subito dopo il delitto si era trasferita con il compagno nelle campagne di Boves, comune in provincia di Cuneo, in Piemonte.
Caso riaperto grazie a cinque bottoni
Il cold case di Chiavari è stato riaperto nel 2021 da una criminologa (la barese Antonella Delfino Pesce) capace di scoprire dalla lettura di tutti gli atti che i carabinieri dopo il delitto trovarono 5 bottoni in casa di una donna, appunto Anna Lucia Cecere, uguali a quello sporco di sangue rinvenuto dalla polizia sul luogo del delitto: i militari e il pm di allora Filippo Gebbia però non dissero mai nulla di questo ai poliziotti titolari delle indagini.
Indagata due volte in 28 anni
La sospettata, per questo fu subito archiviata, per essere di nuovo iscritta sul libro degli indagati dopo 28 anni e poi rinviata a giudizio.
Un'imputata sino a oggi mai presente in aula, mentre il secondo imputato, indagato perché avrebbe favorito la donna, Marco Soracco, datore di lavoro della vittima, per il pubblico ministero Gabriella Dotto avrebbe nascosto il reale rapporto che aveva con Cecere. La madre dell'uomo, Marisa Bacchioni, 93 anni, accusata dello stesso reato è invece uscita dal processo grazie a un certificato medico che ne attesta le precarie condizioni psicofisiche.
Il teste smemorato Taggio conferma tesi accusa
Iniziato il 6 febbraio il processo ha già riservato molti colpi scena grazie agli elementi dell'accusa che ha già messo sul tavolo alcune carte importanti.
Prime fra tutti la testimonianza di Rosario Taggio - in aula alla quinta udienza del 20 marzo - che la mattina del delitto in auto con la mamma (ora deceduta) e i figli vide Cecere sporca di sangue allontanarsi a piedi dalla zona del delitto. Taggio è apparso smemorato citando orari non compatibili con il delitto, come pure aveva già fatto nel 2021, ma la sua versione nella sostanza conferma la tesi dell'accusa.
La vicina che convinse mendicante a denunciare
Nella stessa udienza ha parlato anche Anna Serbantini, vicina di casa di Cecere, che aveva raccolto la confidenza della mamma di Taggio sulla presenza dell'imputata ("una certa Anna") sporca di sangue nei pressi della palazzo del delitto, una madre, una mendicante, che in zona era ben voluta e stimata da tutti e chiamata "occhio di falco" per la sua grande memoria visiva e acutezza. "Le dissi di andare a denunciare quanto sapeva, e lei lo fece". Serbantini in aula ha anche riconosciuto quell'Anna in una foto di Cecere.
La telefonata che smentisce Soracco
Importante per l'accusa è stata anche l'inedita telefonata svelata alla prima udienza del 6 febbraio fra Soracco e il suo legale di allora, Massimo Ansaldo, in cui il commercialista ammetteva che la donna misteriosa di cui parlavano i giornali era una sua amica del corso di ballo, mentre nella seconda udienza (20 febbraio) il capo della omicidi del '96 Giuseppe Gonan ha ammesso che un frate aveva ricevuto confidenze dalla mamma di Soracco che portavano le indagini verso una donna invaghita del commercialista.
La confidenza al frate: "L'assassino è una donna"
Il frate, padre Lorenzo Zamperin, del convento dei cappuccini di via Tappanidi Chiavari, ascoltato nell'ultima udienza del 3 aprile, che pur con grandi buchi di memoria, come ha fatto notare il giudice Cusatti, non ha smentito quanto riferito nel 2021 in cui ammetteva di avere ricevuto la confidenza della mamma di Soracco che tirava in ballo Cecere. Le sue dichiarazioni di allora sono state acquisite agli atti. Il frate ha anche ricordato che, dopo l'omicidio, il telefono del convento fu intercettato dalle forze dell'ordine, e i frati si erano detti di non discutere certi argomenti per evitare fraintendimenti.
Le telefonate in studio all'ora del delitto
Nell'ultima udienza ascolta anche Giuseppina Vaio, cliente dello studio Soracco che ha confermato che all'ora presunta del delitto, fra le 8.50 e le 9, telefonò due volte nell'ufficio del commercialista e si sentì rispondere in modo sgarbato da una donna giovane che non era Nada e che interruppe la comunicazione. La terza volta invece rispose Soracco, che disse: "Hanno aggredito la mia segretaria, ci sentiamo più tardi".
Altra vicina: "Cecere ce l'aveva con Nada"
Molto importante per l'accusa anche la testimonianza nella quarta udienza (13 marzo) di Adriana Berisso, vicina di casa di Cecere, che ha svelato che a suo dire Soracco aveva accompagnato in auto Cecere ad una festa, confermando che fra i due c'era più che una amicizia. La donna ha raccontato anche l'interesse della donna per il commercialista e l'odio che aveva per Nada Cella, che accusava di averle rubato il lavoro. "Cecere ce l’aveva con il mondo. Si arrabbiava sempre del fatto che non trovava un buon lavoro. Diceva che lei faceva la maestra e non trovava niente e ce l’aveva con quelle che venivano dalla campagna. Una volta era entrata in casa di mia madre ed era infuriata sempre per il lavoro. Aveva preso una statuetta in mano in corridoio e brandendola detto "A quelle che vengono dalla campagna e trovano lavoro le spaccherei la testa".
Ma nessuno ha mai visto Soracco con Cecere
Nelle udienze però anche qualche punto a favore della difesa di Cecere, che è assistita dall'avvocato Gianni Roffo: nell'ultima del 3 aprile a due amiche di Nada, Debora Pagliughi e Sabrina Mariani (nella foto ripresa da lontano mentre depone), che hanno ribadito che la segretaria voleva cambiare lavoro, il legale dell'imputata ha chiesto se Nada avesse mai parlato con loro di Cecere: le due donne hanno risposto di no, smentendo che la vittima fosse già stata aggredita in studio da Cecere, come sarebbe emerso dalle indagini, e che fosse tormentata dall'imputata. La stessa Adriana Berisso a una domanda se avesse mai visto insieme Cecere e Soracco insieme ha risposto di no.
L'alibi dell'imputata
Cecere ha sempre negato ogni accusa dicendo che all'ora del delitto stava facendo le pulizie in casa di un dentista di Santa Margherita ed esibendo anche un contratto di lavoro che attesta le sue parole. Il dentista a distanza di tanti anni non ricorda nulla e sarà chiamato a deporre dall'accusa. Un alibi, quella dell'imputaa, facile da verificare nel 1996, quasi impossibile ora.
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