L’ex Sindaco della Spezia, Giorgio Pagano, replica con una nota alle accuse formulate da Raffaella Paita, nel corso del faccia a faccia pre Primarie con Sergio Cofferati a proposito della crisi di Acam.
Pagano ribatte punto su punto facendo una breve cronistoria degli avvenimenti: “L’azienda-scrive Pagano- aveva fatto bene, negli anni Novanta, a crescere. Ma a un certo punto, nel 2001-2002, bisognava fermarsi. Si doveva cominciare a ridurre investimenti e indebitamento. E si doveva dare valore a quanto fatto, mettendosi in gioco in un’alleanza più grande, in un contesto più forte che, con la necessaria ricapitalizzazione, avrebbe assicurato all’azienda sicurezza e sviluppo. E’ quello che il mio Comune voleva, ma non riuscì a fare. I Comuni soci nel 2001 affidarono all’advisor Rothschild, una banca d’affari tra le più stimate, il compito di individuare la multiutility con cui Acam avrebbe dovuto aggregarsi. Il lavoro si concluse nel 2003-2004: fu esclusa l’alleanza con le ex municipalizzate (erano interessate Amga di Genova e Acea di Roma), verso cui il mio Comune spingeva. Prevalse la scelta di continuare in un isolamento fuori dai tempi e di cedere il 49% del gas, il settore più remunerativo, a un privato, Italgas.
Pagano interpreta così’ la scelta: “Vinse il localismo con la “veduta corta”, la scelta di stare da soli per paura di “perdere il radicamento territoriale”e di “trasferire la testa dell’azienda altrove”. Preoccupazioni nobili ma sbagliate, e che in qualche caso nascondevano preoccupazioni molto meno nobili e più “di bottega”. Ovviamente la responsabilità di quanto successe è di tutti, anche di chi la pensava diversamente: quando si è sconfitti bisogna sempre interrogarsi sul perché. Quindi io non mi assolvo affatto. Cercai di oppormi in ogni modo, anche ricorrendo -fatto del tutto anomalo!- a un autonomo advisor (Dexia Crediop) pagato dal Comune e non dall’azienda, che mi confortò nelle mie convinzioni. Ma mi scontrai con un muro di gomma. Sbagliai a non aprire una discussione pubblica sul tema: non lo feci non per mancanza di coraggio ma per un malinteso senso di responsabilità (e anche perché fino all’ultimo fui illuso sulla possibilità che la soluzione fosse diversa). Non sarebbe stato semplice, sarebbe scoppiato un putiferio e avrei probabilmente perduto comunque: ma avrei dovuto provarci. Questa, come la Paita sa, è la verità. E la Paita sa anche che, a sconfiggermi, furono tanti suoi alleati di oggi. Il mio “difetto” principale -che fu un “pregio” in molte altre vicende, ma non in questa- fu l’isolamento rispetto al potere, quello che oggi la circonda.
La sferzata finale è sui numeri. Pagano spiega: “Alla Paita che in Tv dice che Acam aveva 400 milioni di debiti rispondo dicendo che il debito dell’ultimo bilancio che approvai, quello del 2005, era di 162 milioni, e che il debito è triplicato dopo: ma sono una persona onesta, e riconosco che ciò che è successo dopo in buona parte dipese dalla mia sconfitta del 2004. Con altrettanta onestà, però, bisognerebbe chiedersi: siamo sicuri che dopo non siano stati fatti altri errori, dalla mancata riorganizzazione aziendale ai ritardi nella chiusura del ciclo dei rifiuti? Il primo, decisivo appuntamento mancato fu quello di inizio millennio; ma dopo non ce ne sono stati forse altri? Insomma: andrebbe scritto un altro “Diario” onesto, dal 2007 in poi. Il rapporto Posizione Finanziaria Netta/Patrimonio Netto (cioè: quanti euro di debito ha l’azienda per euro di patrimonio) era 2,99 nel 2009; 4.06 nel 2010; 5,34 nel 2011; 5,93 nel 2102… I lavoratori hanno fatto sacrifici. Potevano esserci altre misure, in questi anni, capaci di evitare la vendita della parte restante del gas e di parte dell’ambiente? Su questo una politica seria dovrebbe interrogarsi. Io mi sono assunto, per la mia parte e per una fase, le mie responsabilità. Ma nessuno ha mai voluto nemmeno confrontarsi con la mia riflessione. Per un certo potere cittadino la colpa, molto semplicemente, è sempre di qualcun altro, specie se “eretico”.
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Dopo le accuse, Pagano replica a Raffaella Paita su Acam
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