politica

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“Il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando è intervenuto oggi, martedì 24 febbraio 2015, sul suo profilo Facebook sul castello di Monte Ursino a Noli (Sv)”. Questo è il comunicato piovuto al mio indirizzo e-mail alle 14,30 di ieri dall’ufficio stampa della Regione. E’ solo l’ultimo di una serie, dello stesso tenore e su diversi argomenti e località liguri, che sono stati quotidianamente diffusi in precedenza. Prevedo che altri seguiranno. E’ campagna elettorale, per rivendicare le cose fatte e a sostegno della candidata Pd Raffaella Paita.

Solo che quello di ieri ha un tocco di surreale, perché ieri è anche il giorno in cui Il Secolo XIX ha dato la notizia dell’inchiesta giudiziaria sul finanziamento dei petrolieri Costantino, attraverso Europam, all’Associazione Maestrale, in via di chiusura ma a lungo think tank operativo con a capo proprio Claudio Burlando. Sul giornale ci stavano i dettagli della storia e pure un’intervista al governatore, che rivendica linearità di comportamenti, zero interferenze da parte di tutti i finanziatori e persino un certo stupore per l’entità della cifra, 100.000 euro in più tranche. Dunque, capitolo chiuso?

Neanche per sogno. Una qualità che sembrava non smarrita dal politico giudicato migliore nell’ultimo trentennio del Pd genovese e ligure (a partire da quando si chiamava Pci) era quella di prendere il toro per le corna. E, alla bisogna, metterci subito la faccia quando gli argomenti mostravano una certa sgradevolezza. Più d’uno, allora, si aspettava che Burlando non ritenesse di liquidare la questione con un’intervista al giornale che aveva dato la notizia, si attendeva una conferenza stampa alla quale si sarebbe presentato carte alla mano, urlando la propria indignazione: “Eccovi i documenti, nomi, cognomi, indirizzi, cifre e date delle donazioni a Maestrale. Così la finite di fare cattivi pensieri e scrivere o dire in tv cose ancor peggiori”.

Invece, niente. Burlando, va detto, ripetuto e sottolineato, non è indagato. Ma in tutta evidenza qui il problema non è giudiziario (se nei libri di Maestrale è tutto iscritto secondo le regole, i guai riguardano i donatori che non abbiano seguito lo stesso comportamento), bensì politico. Negli anni scorsi, Fondazioni e Associazioni sono diventate quelli che il gergo imprenditoriale definisce “newco”, cioè società veicolo attraverso le quali far affluire finanziamenti alla politica aggirando le norme che certe dazioni le impediscono e che hanno bloccato anche l’afflusso di denaro pubblico ai partiti.

Che fare politica abbia dei costi è fuori di dubbio. E in qualche modo le risorse andranno pur reperite. Ma l’imperativo morale è che tutto avvenga nella massima trasparenza, facendo conoscere prima di tutto ai cittadini – e oggi i mezzi tecnologici lo consentono con grande facilità – da chi e da dove arrivino i denari. Da questa conoscenza discende poi il controllo pubblico su due elementi essenziali. Il primo: i finanziamenti non sono finalizzati a interferire e/o a condizione l’attività delle istituzioni nelle quali opera chi li riceve. Il secondo: per quanto “pecunia non olet”, i finanziamenti non arrivano da persone o società i cui comportamenti, o addirittura la fedina penale, risultino inidonei alla qualità dei rapporti che i politici e la politica devono avere con il mondo che li circonda, tanto più se di mezzo c’è del denaro.

Due requisiti da “minimo sindacale” usa dire oggi, in assenza dei quali si può essere indotti, per esempio, a domandarsi se c’entri qualcosa con Maestrale la norma che in Liguria ha ridotto da 10 a tre metri la distanza dai corsi d’acqua per costruire. O, ancora, c’entrano l’operazione Erzelli (Esaote-Ght-società di costruttori), certe prese di posizione sull’utilizzo delle aree nel porto di Genova, la legge sulla libera professione dei primari ospedalieri, il tira e molla sul caso Tirreno Power a Savona (per cui Burlando e mezza giunta regionale sono indagati), l’atteggiamento sul caso Banca Carige e via con un possibile lungo elenco di altri atteggiamenti politici o pratiche amministrative?

Se da una parte c’è un obbligo di trasparenza verso i cittadini-elettori, dall’altra fare chiarezza è anche un elemento di garanzia per gli stessi politici che ricevono i finanziamenti. Nello specifico di Burlando, ma non soltanto. Evidentemente, infatti, questo esercizio di limpidezza deve avere in sé qualcosa di repulsivo se anche Matteo Renzi, come racconta oggi Il Fatto Quotidiano, ha organizzato la famosa Cena dei Mille, ha incassato per il Pd 1,5 milioni, ma dopo aver annunciato “farò sapere nomi dei sostenitori e cifre” ora fa comunicare solo 15 donazioni, delle quali 8 anonime, per un totale di 100.000 euro. E il resto, rileva il giornale? Non casualmente, d’altra parte, proprio una firma di spicco del Fatto, Ferruccio Sansa, interpellato da Primocanale per commentare il caso Maestrale, osserva: “Queste associazioni sono sistemi di potere, che si portano dietro un enorme groviglio di conflitti di interesse”. Appunto. E abbastanza perché non sia consentito fare gli gnorri.