Meno 44mila occupati nell’ultimo mese. E 42mila sono donne. Questo dicono i dati pubblicati il 31 marzo dall’Istat, a testimonianza della debolezza del mercato del lavoro femminile in Italia. Rallenta così la riduzione del gap occupazionale tra uomini e donne che il nostro paese ha sperimentato negli ultimi anni, principalmente per un impatto più forte della crisi sull’occupazione maschile.
La crisi ha inizialmente colpito settori dove tipicamente è più presente la forza lavoro maschile, come il manifatturiero.
Ora però sembra si stiano concretizzando i timori che le modalità con cui è stata data una risposta alla crisi, in particolare con riduzioni nell’offerta dei servizi pubblici, penalizzino in maniera particolare le donne. Sia perché nel settore dei servizi, soprattutto se a offerta pubblica (pensiamo alla sanità), le donne lavorano in percentuali maggiori, sia perché di quei servizi possono beneficiare quando devono conciliare lavoro e famiglia (pensiamo ai nidi).
Gli ultimi dati ci dicono che le donne hanno cercato lavoro di più e lo hanno trovato di meno – il tasso di disoccupazione femminile è salito – e che lo hanno perso con maggiore intensità – il calo negli occupati è quasi tutto femminile. Il tasso di occupazione femminile oscilla ormai da un quinquennio tra il 46 e il 47 per cento, non mostrando mai una decisa risalita e lasciandoci sempre in fondo alle classifiche europee.
Possiamo sperare che i numeri sulle nuove assunzioni che Inps e ministero del Lavoro stanno diffondendo in questi giorni siano il segnale atteso di una ripresa del mercato del lavoro? In particolare, qual è la distribuzione per genere dei nuovi contratti? Questa informazione non è ancora stata data. Il beneficio degli sgravi contributivi cui hanno accesso le imprese dal 2015 per assunzioni a tempo indeterminato porta a maggiori assunzioni per entrambi i generi o è concentrato sugli uomini oppure sulle donne? Il lavoro a tempo indeterminato promesso dal Jobs act beneficerà la forza lavoro femminile, che sconta una maggiore presenza nei contratti a tempo determinato, o riguarderà in uguale misura tutti i lavoratori?
Sgravi contributivi o contratti a tutele crescenti non sono misure con una esplicita dimensione di genere poiché riguardano l’intera platea di nuovi lavoratori, ma poiché le dinamiche di accesso e partecipazione al mercato del lavoro di uomini e donne sono differenti, è importante valutare se gli effetti di questi interventi siano differenziati per genere. Le fragilità specifiche del lavoro femminile hanno poi portato all’introduzione di misure ad hoc per sostenerlo nelle deleghe del Jobs act, come gli incentivi fiscali per la madri che lavorano. Questi provvedimenti però non hanno ancora visto la luce.
È importante che il mercato del lavoro riprenda sia per gli uomini sia per le donne. Per uno sviluppo equilibrato, per un superamento della specializzazione produttiva, per un pieno utilizzo delle capacità di tutti. I prossimi mesi ci diranno quanto le misure ancora parziali finora messe in campo dal governo saranno in grado di garantire questo obiettivo.
(Pubblicato su www.lavoce.info)
economia
Se la disoccupazione è donna
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