Ormai è questione di ore: alle 12:00 di lunedì prossimo scadranno i termini per la presentazione delle manifestazioni d’interesse per rilevare la quota di maggioranza dell’Ente Bacini, la società che gestisce i bacini di carenaggio e l’area delle Riparazioni navali del porto di Genova. Sul banco c’è l’89% delle azioni oggi in mano all’Autorità Portuale (mentre il 10% è detenuto dalla Riparatori Navali Genovesi e l’1% dalla Santa Barbara).
Due i soggetti in prima fila per rilevare le quote in vendita: da un parte i cantieri Amico, dall’altra la Holding Genova Industrie Navali, il consorzio fra San Giorgio del Porto e i Cantieri Mariotti. Entrambe le realtà avevano presentato una lettera d’intenti, ribadendo in più occasioni la volontà di prendere in carico in prima persona la gestione dei bacini di carenaggio. Sulla strada della privatizzazione, però, potrebbe profilarsi un terzo incomodo: il 27 gennaio scorso l’Ente bacini ha formalizzato l’affidamento provvisorio a Fincantieri del bacino numero 3 con scadenza al 31 dicembre, salvo possibile proroga di 2 anni. In questo scenario non si può escludere una mossa a più lungo respiro, magari stringendo un’alleanza con le realtà del territorio.
Nel frattempo infatti Mariotti e San giorgio hanno già iniziato i lavori di refitting sulla Seabourn Spirit, che sarà seguita dalle sorelle Pride e Legend. Le tre navi sono state cedute alla compagnia Windstar Cruises, e saranno sostituite dalla nuova Seabourn Encore, la prima delle due nuove unità che saranno costruite da Fincantieri nello stabilimento di Marghera. Insomma, un primo sgambetto ai nuovi vicini di casa, visto che in precedenza la compagnia di lusso del gruppo Carnival si era affidata a Mariotti per realizzare “Odissey”, “Sojourn” e “Quest”. Forse anche per questo Fincantieri per ora preferisce tenere un profilo basso, temendo che il suo arrivo possa generare preoccupazione tra le aziende già presenti su Genova.
In questo scenario si profilano le incertezze sul futuro dell’area. Le Riparazioni navali sono anche uno dei punti caldi del Blue Print di Renzo Piano e del nuovo Piano regolatore portuale. Tra gli interventi previsti la trasformazione dell’area in un’isola, il tombamento del Porticciolo Duca degli Abruzzi (sede dello Yacht Club) e l’ampliamento dei bacini 4 e 5 (oggi rispettivamente di 267 e 249 metri di lunghezza), che sono gestiti dal consorzio Genova Dry Docks (che vede in prima fila San Giorgio del Porto, T.Mariotti, Ignazio Messina, La Nuova Meccanica Navale e altri).
porti e logistica
Riparazioni navali, conto alla rovescia per la privatizzazione
In prima fila Amico e GIN, ma c’è l’incognita Fincantieri
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