Si scrive Thello, si legge vergogna. Sì, il treno della vergogna, lo hanno ribattezzato i viaggiatori. E’ l’Eurocity (sic!) che parte da Marsiglia alle 15,30 e arriva a Milano alle 22,50. Questo secondo l’orario ufficiale. Che di regola non è quello reale. Nella settimana appena trascorsa, infatti, la regola è stata quella dei pesanti ritardi: dai 50 minuti agli 80, fino al record di ieri sera: 120. Due ore! Di reale, a sentire i racconti di clienti e personale ferroviario, per la verità non sembra esserci neppure il treno.
Per stare a ieri, che cosa è accaduto? Diamo voce alle testimonianze: “Siamo partiti da Marsiglia in bus, abbiamo fatto diverse tappe, c’era molto traffico e ad un certo punto il conducente ha pure sbagliato strada. Poi s’è dovuto fermare mezzora, per riposare, come da norma di sicurezza, avendo accumulato troppo tempo alla guida”. Mentre il bus-Eurocity si districava nel traffico domenicale da Marsiglia a Ventimiglia, i viaggiatori italiani diretti dalla città di confine a Genova e/o a Milano, cominciavano la loro odissea dell’attesa.
Ci sono finito nel mezzo anche io, stazione di Imperia Porto Maurizio. Ore 19.31 (momento in cui il treno sarebbe dovuto partire dal capoluogo rivierasco), annuncio dell’altoparlante: “L’Eurocity è previsto con 30 minuti di ritardo”. Se ne riparla alle 20. E difatti, altro annuncio: “L’Eurocity è previsto con 60 minuti di ritardo”. E siamo alle 20,30. Nuova comunicazione: “L’Eurocity è annunciato con 80 minuti di ritardo”. E siamo alle 20,50. Ma adesso è silenzio di tomba. Il tempo passa, l’altoparlante resta muto. Anche il display nell’atrio della stazione rimane mestamente senza parole. E’ in bianco ogni comunicazione relativa ai “treni diretti verso Genova”.
I viaggiatori reagiscono in modo diverso. I numerosi studenti che utilizzano abitualmente il treno per raggiungere la loro sede universitaria filosofeggiano: “E’ sempre così, nessuna sorpresa”. Ma i turisti lombardi sbarcati in Riviera per il week end al mare sono inferociti: “E’ una vergogna! E adesso ci hanno pure mollati qui, senza uno straccio di comunicazione. Alla fine arriverà davvero, ‘sto treno?”. Alle 21,15 un aspirante passeggero irrompe entusiasta sul marciapiede al Binario 1: “E’ comparso sul display, è a Sanremo con 119 minuti di ritardo. Arrivare arriverà!”. La normalità diventa un evento. Evviva.
Attenzione, quei 119 minuti, poi scesi (sempre da display) a 116 sono rilevanti. Non solo come entità del tempo sottratto alla vita dei viaggiatori, ma anche in chiave indennizzo. Una volta a bordo, infatti, il gentile capotreno fornisce il vademecum per ottenere il rimborso del biglietto. Scritto su sfondo azzurrino, ben visibile, c’è riportata la regola di questa circostanza. Riporto in termini letterali: “In caso di ritardo all’arrivo, si applica il regolamento (CE) n° 1371/2007 del 23 ottobre 2007 che prevede un indennizzo nei seguenti termini: se il ritardo è uguale o inferiore a 59 minuti nessun indennizzo previsto; se il ritardo è compreso tra 60 e 119 minuti: 25% dell’importo del biglietto pagato per quel treno; se il ritardo è uguale o superiore a 120 minuti: 50% dell’importo del biglietto pagato per quel treno. Nessun indennizzo previsto se il passeggero era a conoscenza del ritardo prima dell’acquisto del biglietto”.
Due osservazioni. La prima: l’entità del ritardo ovviamente la stabilisce l’azienda e siccome si gioca sul filo del minuto in più o in meno, ognuno può immaginare come possa finire. La seconda: giusto non prevedere rimborsi se uno compra il biglietto essendo a conoscenza del ritardo, ma per conoscerlo bisogna che qualcuno glielo dica. Alla biglietteria di Imperia Porto Maurizio lo fanno, prima di chiudere i battenti: ma ancora parlano di 40-60 minuti, non di 120. Siamo certi che sia la stessa cosa, per chi ha deciso di acquistare egualmente il biglietto?
Fin qui il racconto. Ma una riflessione si impone. Thello è una giovane società partecipata da Trenitalia e Transdev (i genovesi la ricorderanno perché fu socia in Amt, prima di fare fagotto) e le è stato affidato l’ultimo collegamento serale-notturno dalla Francia e dalla Riviera dei Fiori verso Genova e soprattutto la Lombardia. Con l’arrivo dell’estate e quindi dei massicci spostamenti vacanzieri è plausibile un simile (dis)servizio con la volontà di sostenere il turismo ligure? La risposta non tocca a Thello, ma al governo – proprietario delle Ferrovie e quindi di Trenitalia – e alla Regione Liguria, la cui politica sui collegamenti ferroviari (basta ricordare quelli pendolari, interni o interregionali) è stata fin qui a dir poco fallimentare.
Di sicuro, appare stonata l’enfasi con cui un comunicato stampa di Thello annunciava da Parigi, lo scorso 23 settembre, l’avvio del (dis)servizio: “Lombardia e Liguria saranno più vicine alla Costa Azzurra e alla Provenza, graie a un nuovo collegamento ferroviario diretto realizzato da Thello. Un solo biglietto, nessun cambio a Ventimiglia e il comfort di carrozze dello stesso standard dei Frecciabianca di Trenitalia”. Naturalmente, non c’è alcun accenno all’impiego di bus. Anche se il gentile capotreno di cui sopra mi ha spiegato: “Guardi che il trasporto bus è equiparato a quello ferroviario”. Gomma o ferro non farebbe differenza, dunque. A parte i tempi di percorrenza, naturalmente. Ma si sa, quando comincia un’avventura c’è sempre entusiasmo. Albert Alday, direttore generale di Thello, nel medesimo comunicato stampa, lo declinava così: “Questo servizio avrà una duplice vocazione, perché risponderà alle esigenze di una mobilità di breve e di medio e lungo raggio e servirà a riallacciare forti rapporti sociali ed economici tra la Francia del sud e il nord Italia”. No comment.
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Thello, il treno-bus che i maxi ritardi li trasforma in regola
Odissea Marsiglia-Milano: ieri sera due ore in più
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