Se il medico mi avesse appena diagnosticato una forte infiammazione intestinale, mangerei patatine fritte con ketchup e senape? Provi a farsi questa domanda chi oggi fosse tentato dall’idea di non andare al seggio delle elezioni regionali. Perché gli italiani e i liguri sono esattamente come quel paziente. E l’astensione è come le patatine: fa gola. Ma fa anche male. A volte, messi di fronte a comportamenti autolesionistici, si risponde: “Non vorrai mica farmi morire sano!”. Ci sta, come battuta sdrammatizzante.
Però, attenzione: non votare, alla fine rende complici. E sì, perché gli impresentabili, i burosauri della politica, coloro che sono portatori di interessi inconfessabili, alle urne ci vanno. E ci trascinano anche le cosiddette truppe cammellate. Se chi può impedire il loro successo sale sull’Aventino, cioè snobisticamente sceglie il mare o di “non sporcarsi le mani con il voto perché intanto sono tutti ladri”, in realtà facilita esattamente la vittoria dei “tutti ladri” e quanto ne consegue.
Con una metafora passata alla storia, l’indimenticato Indro Montanelli in occasione di una tornata elettorale invitò a turarsi il naso e a votare per la Dc. Ecco, a questo giro magari ci si turi per l’ennesima volta il naso, ma al seggio ci si vada. E se si ritiene che fra gli otto candidati non ci sia la proposta migliore si punti sulla meno peggio. L’offerta è talmente ampia, che una meriterà pure quel giudizio di minima. E se proprio tutti risultassero indigesti, c’è sempre l’arma della scheda bianca o annullata.
Sia chiaro, io rispetto profondamente l’esercito annunciato degli astensionisti. Perché esprime il senso di un’incazzatura feroce verso un mondo politico che sempre più si mostra, al di là del bla bla di facciata, ripiegato su stesso e sordo ai veri problemi delle persone, quindi del corpo elettorale. Usciamo tutti da un’ubriacatura di “questioni cruciali” e da un florilegio di idee per risolverle. Non ci torno sopra. Osservo solo che, in Liguria, su alcuni temi le soluzioni messe in campo dai competitori sono molto simili, se non uguali. Vuol dire che, almeno in certe circostanze, i problemi sono chiari e il modo per risolverli stabiliti dal buon senso, non dall’appartenenza a questo o quel partito.
Proprio ciò, esattamente ciò, riconduce però al tema dell’astensione: se chi vincerà non avrà netta e nitida la percezione che i liguri staranno con il fiato sul collo al nuovo presidente della Regione Liguria, costui – o costei – potrà farsi beffa di ogni promessa, di ogni garanzia. Votare, oggi, significa mandare a dire al governatore in arrivo: “Occhio che ti marco”. Significa riservarsi il diritto al mugugno, come ha mirabilmente scritto su questo stesso sito Mario Paternostro.
In questa domenica 31 maggio mi torna alla mente la famosa frase pronunciata da John Fitzgerald Kennedy: “Non chiedetevi che cosa l’America possa fare per voi, ma che cosa voi possiate fare per l’America”. Ecco, ogni cittadino ligure maggiorenne oggi può fare una cosa per la Liguria: andare a votare. Facendolo secondo coscienza, secondo cuore e secondo testa. Già questo basterà a impedire che qui, fra i Balzi Rossi e Sarzana, ci sia posto per quel “mondo di mezzo”, opaco e criminale, disvelato a Roma dall’inchiesta Mafia Capitale. Non è poco, per ricominciare.
politica
Diamoci una mano, andiamo a votare
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