La riforma della Rai avrà con ogni probabilità il via libera del Senato oggi, ma sarà una vittoria a metà per il governo, battuto ieri su uno dei punti chiave del disegno di legge: la delega all'esecutivo sulla riforma del canone, che è stata soppressa, con il sì di 19 senatori della minoranza Dem e dei verdiniani, che non hanno garantito il loro sostegno alla maggioranza. L'incidente arriva all'indomani della decisione di andare al rinnovo del cda con legge Gasparri, che Palazzo Chigi ha tentato fino all'ultimo di scongiurare. La Commissione di Vigilanza ha deciso di votare già martedì per l'elezione di sette dei nove membri del cda di competenza della bicamerale con un'accelerazione che ha scatenato lo protesta di M5S.
L'accusa è che ci sia un accordo tra Pd e Forza Italia non solo per arrivare alla spartizione dei consiglieri, ma anche per blindare la maggioranza dei due terzi necessaria per il presidente. Anche la minoranza Dem non nasconde le proprie perplessità sulle modalità con cui si è arrivati al rinnovo per il cda, ma nel Pd è soprattutto lo stop di ieri a Palazzo Madama a pesare. Se Lorenzo Guerini minimizza, sostenendo che "è fisiologico andare sotto su qualche emendamento" e che "se necessario si correggerà alla Camera", dall'altra Matteo Orfini avverte che "se il dissenso diventa consuetudine" si finisce con "smontare il partito". Per Forza Italia quello del Senato non è solo un incidente.
"Verdiniani o non verdiniani la maggioranza non c'è più. Good morning Vietnam-Senato", scrive su twitter Renato Brunetta. "La riforma della Rai di Renzi è carta straccia come lo è lo stesso presidente del Consiglio", attacca il presidente della Vigilanza Rai Roberto Fico (M5S). Parole arrivate a Palazzo Madama mentre crescevano i timori della maggioranza su un possibile ulteriore stop, questa volta sull'art.2 del ddl, quello centrale con le nuove regole sulla governance, poi scemati in serata dopo la decisione della minoranza Dem di non forzare la mano sul'introduzione del sistema duale. Dalla prossima settimana i giochi si sposteranno tra Palazzo San Macuto e Palazzo Chigi. Il premier dovrebbe indicare nei prossimi giorni il nome del dg e del presidente. Secondo i rumors, non è escluso un tandem tutto al femminile.
Per la guida aziendale circolano i nomi di Marinella Soldi di Discovery e Tinni Andreatta, attuale direttore della fiction della tv pubblica, ma sarebbero in corsa anche uomini di prodotto come Andrea Scrosati di Sky o Andrea Castellari di Viacom. Per la presidenza si fa il nome di Luisa Todini, che potrebbe piacere a Forza Italia (anche se la loro prima scelta è Antonio Pilati), ma pare più probabile che si opti per un volto noto della Rai (probabilmente un ex, come ad esempio Giovanni Minoli) o un profilo istituzionale che possa svolgere un ruolo di garanzia. Quanto ai consiglieri, la maggioranza dovrebbe averne quattro, due il centrodestra. Circolano, tra gli altri, i nomi di Antonio Campo Dall'Orto, Ferruccio De Bortoli, Marcello Sorgi, Bianca Berlinguer. Anche M5S avrà un proprio rappresentante: la figura in pole position è quello di Carlo Freccero.
Intanto Paolo Virzì con i 100Autori chiede alla riforma di puntare sull'innovazione e sul talento. Via libera dell'Aula del Senato all'art.2 del ddl di riforma della Rai, con le nuove regole per la governance della tv pubblica. I voti favorevoli sono stati 149, 69 i contrari.
L'Aula del Senato ha approvato l'art.6 del ddl di riforma della Rai con le disposizioni transitorie, chiudendo le votazioni su tutti gli articoli. Il via libera è arrivato su un emendamento interamente sostitutivo del testo, depositato dal governo, che contiene la norma che assegna al prossimo direttore generale, che sarà nominato con legge Gasparri, i poteri che la riforma attribuisce all'amministratore delegato dal momento dell'approvazione definitiva del ddl. Oggi dalle 9.30 sono previste le dichiarazioni di voto e il voto finale sul testo.
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