
È con questa vicenda che Jacques Audiard, il regista de ‘Il profeta’ e di ‘Una sapore di ruggine e ossa’, ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes del maggio scorso, una pellicola, ‘Deephan - Una nuova vita’, parzialmente ispirata alle ‘Lettere persiane' di Montesquieu, romanzo epistolare nel quale attraverso le impressioni di alcuni immaginari visitatori provenienti dalla Persia la mentalità e le istituzioni della civiltà francese e in generale europea contemporanea all’autore venivano descritte in maniera grottesca e sarcastica.
In effetti il tema qui è sostanzialmente lo stesso, quello di un gruppo di persone che viene da lontano e scopre la Francia ma con una differenza sostanziale, ovvero che l’ironia e l’umorismo di Montesquieu sono sostituiti dalla paura e dalla rabbia, peraltro carburanti abituali dei film di Audiard che qui decide di sfruttare il thriller per raccontare un fenomeno sociale: il destino di persone in fuga che arrivano in luoghi dove il significato della parola ospitalità è stato completamente dimenticato.
Così per il protagonista la guerra civile che ha lasciato nel suo paese viene sostituita dalle sparatorie tra gli spacciatori e dai cadaveri abbandonati nei cortili, costretto di nuovo ad annusare l’odore della morte. E come già era accaduto in ‘Un sapore di ruggine e ossa’, individui apparentemente estranei tra loro impareranno a proteggersi a vicenda, finendo per diventare una vera famiglia, in una relazione fittizia nata dalla necessità e dal caso che si trasforma – investendo con fatica sentimenti ed emozioni – in qualcosa che unisce dal profondo. Un film che emoziona per la sua carica emotiva, convincente anche grazie alla naturalezza della recitazione dei suoi interpreti, e specialmente del protagonista, Jesuthasan Antonythasan, che dai 16 ai 19 anni ha prestato davvero servizio per la milizia delle Tigri Tamil, decidendo poi di scappare in Francia, dove è diventato scrittore.
IL COMMENTO
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