Ma in che mondo viviamo e di che cosa stiamo a parlare? Anche a Genova i residui cadenti dei partiti politici, nessuno escluso, forse salvo i 5Stelle, si stanno già sfinendo a cercare il futuro candidato sindaco genovese per il 2017. Doria sfoglia la sua margherita (non quella ex Dc), sempre più deciso a fare la corsa bis, malgrado tutto. Il Pd si straccia sempre di più nel tentativo di cercare un candidato, che un po' ondeggia tra l' espressione della defunta scuola di partito, un po' si cerca nelle pieghe ( sempre più ripiegate, in vero) della cosidetta fu-società civile. E intanto tornano in campo gli sconfitti delle regionali, che era meglio restassero a cercare funghi e a postarli sui social. Vero ex presidente Burlando?
La Destra, partendo da Forza Italia, fa finta che avendo vinto a sorpresa le Regionali, la bacchetta magica sarà in grado di fornirgli all'improvviso un nuovo candidato vincente, magari ripetendo il minuetto regionale, avanti Rixi, poi dietro front che arriva l'uno del Signore. O del Cavaliere o di Toti, nel frattempo trasformato in vero king maker, mica solo nell'inventore di nuovi soci per le squadre genovesi di calcio, mica solo Briatore, Calabrò e Volpi, ma anche... chissà chi.
Ma dove vivono, ma non si accorgono di quanto sta succedendo nel Paese, a Roma e a Milano, per esempio. Se Genova, oramai ridotta a 568 mila abitanti di cui 56 mila immigrati, è ancora una grande città, la sesta in Italia, anche qui dovrebbero prevalere le logiche che si stanno imponendo sullo scenario nazionale.
La politica ha chiaramente fallito nell'amministrazione delle grandi città. Non ce la fa più. Non essendoci più le scuole di partito, la cosidetta gavetta, che faceva crescere i candidati in una carriera interna, ci si affida alle Primarie, scopiazzando gli Usa. Ma le Primarie, che la sinistra usa oramai stabilmente, diventano delle vere ordalie. Ne sappiamo qualcosa noi genovesi e liguri, che abbiamo vissuto quelle del 2012 che massacrarono Vincenzi e Pinotti e promossero a gran sorpresa Marco Doria e poi quelle taroccate del 2015 che “estrassero” la delfina Paita, ma tra quali immani polemiche, ricorsi e strappi!
Ora le Primarie sono come in un congelatore: non si possono scartare, però nessuno pensa a regolarle e tutti, Renzi in primis, a bypassarle. Ma come?
Se a sinistra la scena è questa, nel centro destra il panorama è ancora più fluido o liquido. Avevano provato anche loro a tentare la carta primarie, ma non ci si sono neppure messi. Quindi la caccia al candidato è libera, con la licenza di ubriacarsi, come capitò, sempre nel 2012, scegliendo in sequenza il Carneade Vinacci e poi Vinai. Lungimiranti: Vinacci è evaporato e Vinai ora è vicino al Pd. Sbronza totale.
Basta osservare la scena suggerita dalle grandi città e più in generale dalle emergenze sul territorio per capire che non è più affare di questa politica. Per Milano pensano a Sala, il deus ex machina dell'Expò trionfante. Chissà se accetta, ma intanto gli altri nomi che compaiono impallidiscono rispetto al suo peso di grand commis e al risultato della sua gestione meneghina dell'Evento che ha contribuito a riscattare l'Italia.
E dire che Pisapia, espresso dalla politica, non è certo stato un sindaco negativo. Anzi. Ma perchè ha deciso di non fare il secondo mandato che sarebbe sacrosanto? Forse perchè ha conosciuto bene i meccanismi dell'amministrazione, le difficoltà in campo e non ha all'orizzonte un altro Expò?
A Roma il caso Marino e i suoi esiti catastrofici parlano da soli rispetto alla possibilità della politica-partitica di risolvere problemi tanto “capitali”. Dopo il “badante” prefetto Gabrielli, ora è arrivato il prefetto Tronca, come commissario. Due prefetti al posto di un sindaco e una giunta tecnocratica fatta di grand comis, scelti fior da fiore ben lontano dalla politica. Che ci azzecca la politica con il disastro romano di oggi, alla vigilia del Giubileo?
La politica è quella che scelse impunemente Ignazio Marino e ancora oggi ci si chiede come e perchè si arrivò a tanto. Chiedere al Pd romano...
Tra i nomi più dibattuti fuori dal Circo Massimo romano della politica c'è, non a caso, l'imprenditore-piacione Alfio Marchini. Appunto un esterno, tanto esterno, che se lo litigano da Destra a Sinistra.
Proiettata su Genova e sulle sue crescenti contorsioni alla ricerca di un candidato plausibile, la soluzione tecnocratica rimane per ora una suggestione senza riferimenti. Si può sognare veramente un gran commis, un supermanager che “impugnasse” l'amministrazione civica e la rigirasse come un calzino per dare una spinta al Blue Print, per sciogliere finalmente i nodi di Erzelli, per accelerare le grandi opere che garantiscano la sicurezza idrogeologica e riducano almeno l'isolamento infrastrutturale, per imporre un biodigestore o quel che diavolo ci vuole per farci scampare alle montagne di rumenta, per organizzarci trasporti meno decadenti e uno status della città meno degradato.
Ma è un sogno e si potrebbe essere tacciati di cercare svolte autoritarie e antidemocratiche. Che la politica fallita continui le sue contorsioni. Il copione lo conosciamo.
politica
Basta sindaci, qui ci vuole il supertecnocrate
Serve un commis che rivolti l'amministrazione come un calzino
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